Ieri ho partecipato alle elezioni per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti della Sardegna.
Non sono stato eletto (non ero infatti nella lista dei consiglieri espressi dalle varie testate isolane che dovevano essere eletti) ma è stata comunque un’esperienza molto istruttiva.
Volevo, forse ingenuamente, dimostrare che anche un modesto giornalista precario senza l’appoggio di una redazione forte, si può liberamente candidare per le elezioni dell’Ordine dei giornalisti e di qualsiasi organismo rappresentativo di categoria. E sono contento che 45 colleghi professionisti, sui meno di 200 che sono andati alle urne (complessivamente in Sardegna i giornalisti professionisti sono 580), mi abbiano accordato la loro fiducia.
“La crisi sta indebolendo il sistema complessivo dell’informazione, spetta innanzitutto ai giornalisti il compito di difendere e rafforzare l’autonomia e il ruolo di una professione essenziale in un sistema democratico“, ha detto il presidente uscente Filippo Peretti aprendo ieri a Cagliari l’assemblea convocata per il rinnovo del Consiglio regionale dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna. Ma come si difendono l’autonomia e la democrazia? Democrazia non significa forse partecipazione e pari opportunità? Per la parte che mi compete posso dire di averci almeno provato. E’ facile dire che le cose vanno male senza esporsi e provare a cambiarle. Per questo quando un caro collega, con cui tante volte ho discusso dello stato dell’informazione in Sardegna, mi ha proposto la candidatura ho sentito il dovere morale di mettermi a disposizione. Anche se mancava pochissimo al voto. Per tanto tempo mi sono occupato di politica e ho sempre visto con sospetto le modalità con cui i candidati vengono scelti nelle stanze dei bottoni. Ho un concetto diverso di democrazia e di trasparenza.
Per questo l’idea di provare a scendere in campo con il solo appoggio di chi mi conosceva personalmente mi ha subito attirato. Per questo ho detto sì. Ho dunque iniziato a telefonare agli amici e ai conoscenti. Poi, quando ho finito il plafond di minuti del cellulare, ho continuato con gli sms e i messaggi su whatsapp e facebook. Anche durante le votazioni ho dovuto propormi ai colleghi che stavano per votare, in modo da segnalare la mia candidatura (non potevo fare altrimenti perché nel bigliettino con i nomi che veniva distribuito ai votanti il mio nome ovviamente non appariva). Molti colleghi precari mi hanno detto da subito che mi avrebbero supportato volentieri e che apprezzavano il mio tentativo, ma che non avevano diritto di voto perché non avevano i soldi per pagare le quote dell’Ordine (le norme impongono tassativamente che possa votare solo chi è in regola con i pagamenti). Qualcuno, residente in una località troppo distante dai seggi (si votava solo a Cagliari, Sassari e Nuoro), mi ha detto che non aveva neppure i soldi per la benzina.
Sbaglierò, ma mi domando: perché il diritto al voto deve essere garantito solo a chi ha i soldi per pagare le quote dell’Ordine o per pagare la benzina per trasferirsi da Olbia a Sassari o da Carbonia o Iglesias a Cagliari? O da Tortolì e Lanusei a Nuoro? I diritti non dovrebbero essere concessi a tutti. Magari prevedendo, come succede nel sindacato, una quota di solidarietà a favore dei colleghi attualmente più svantaggiati? Alla fine della giornata ha votato per l’Ordine dei Giornalisti della Sardegna meno di un terzo degli aventi diritto al voto. A parte chi non ha potuto votare per motivi economici, altri hanno disertato le urne perché sono molto demotivati e pensano che tanto nulla mai potrà cambiare. Altri infine non sono andati a votare perché dell’Ordine dei giornalisti in fin dei conti non gliene frega nulla, lo considerano un organismo inutile. Così come considerano inutile la formazione professionale continua che l’Ordine ha il compito di programmare. Io non sono tra quelli.
Penso che l’Ordine dei giornalisti abbia un’importante funzione di controllo del rispetto delle regole. Così come penso che i giornalisti, soprattutto in questo momento di trasformazione della professione, abbiano una grande necessità di buona formazione professionale. Così come penso che per cambiare le cose che non ci vanno bene non serva solo parlare, ma sia necessario scendere in campo, rischiare in prima persona. Metterci la faccia e dare un piccolo contributo. Senza paura di fare figuracce e di non essere capiti. Sono contento che quarantacinque colleghi, dandomi la preferenza, abbiano invece capito qual era lo spirito della mia candidatura e per questo li ringrazio di cuore. Così come auguro a chi è stato eletto al Consiglio dell’Ordine che metta sempre al primo posto la difesa dei colleghi più deboli e meno tutelati. Ma si sa le vie del Signore sono imponderabili.
Mentre ero all’Ordine sono stato catapultato in una riunione che il sindacato aveva organizzato per i lavoratori autonomi e di cui non sapevo nulla, nella quale il nuovo segretario dell’Assostampa mi ha chiesto la disponibilità a far parte della commissione regionale dei lavoratori autonomi (leggi precari) della Sardegna. In fondo nell’Ordine dei giornalisti avrei voluto portare proprio la voce dei lavoratori precari e meno tutelati dai grandi gruppi. Ma forse sarà meglio farlo da questa inaspettata posizione.
Alessandro Zorco – Cagliari (dal blog "Blogo social")
(admaioramedia.it)