Le delibere della Giunta Pigliaru hanno calpestato i suoi diritti autonomistici, la speranza in un progetto lungamente desiderato, sfregiata, beffeggiata e infine negata. E i sardi che l’hanno voluta, hanno lottato decenni, presi in giro. Non si doveva realizzare l’antico sogno sardista, e al quale nessuno rinuncia, di una zona franca fiscale e doganale definita dalle coste dell’Isola e a disposizione di tutti, ma solamente una tappa intermedia raggiunta con tanti sforzi con finalmente l’applicazione del decreto legislativo 75/98 che ha istituito le zone franche a Cagliari, Portovesme, Oristano, Porto Torres, Olbia e Arbatax. Con Cagliari già definita anche se parzialmente da un successivo decreto del 2001, si dovevano perimetrare le altre e dare contenuti indispensabili, inviando al Governo le decisioni per i successivi decreti attuativi.
Si è invece deciso di non perimetrare, di non ritagliare, di non definire le aree come prescrive il Codice doganale Europeo, cioè delle vere zone franche doganali. Si è scelto di deliberare delle cosiddette “zone franche non intercluse”, cioè un insieme di depositi doganali, come ad esempio a Taranto, che così si sono dovuti ingegnare non avendo la Puglia come noi, la previsione dei punti franchi nel loro Statuto regionale. Si è dato un calcio allo Statuto sardo e alle potenzialità solo nostre per allinearsi ad un disegno romano che questa scelta ha fatto per tutti, anche per noi sardi come se fossimo in una Regione a Statuto ordinario e non un isola, con ben altre ragioni e diritti. Non hanno delimitato nulla, come era loro preciso dovere, ma si sono inventati una “delimitazione virtuale” a strisce colorate dipinte per terra.
Non avendo delimitato nulla, nulla dovrebbero inviare al Governo, che questo aveva chiesto col decreto 75/89. Infatti, il Governo a nulla serve per realizzare delle zone franche non intercluse, perché non deve attuare nessun Statuto, ma non serve neppure la Regione, dato che per questa soluzione basta interessare l’Agenzia delle dogane, che come a Taranto è bastata con proprie decisioni per farla partire. Per attuare il nostro Statuto e quindi per far emanare i successivi singoli decreti previsti per le cinque zone franche sarde rimanenti , oltre alla cagliaritana già delimitata, dalla 75/98, serve l’operatività della Commissione paritetica per le norme d’attuazione dello statuto speciale per la Regione Sardegna, all’interno della quale e con successivi passaggi si arriva a concordare i testi che saranno emanati dal Governo.
Questo percorso sembra stato saltato dalla Giunta ed il motivo è semplice, il contenuto deliberato non riguarda delle vere zone franche bensì dei depositi franchi che sono un’altra cosa rispetto alle zone franche doganali. C’è anche da osservare che le zone franche non intercluse, dal 1 giugno 2016, non saranno più permesse perché scade la proroga prevista dall’ultimo Codice doganale comunitario e quindi non si rischia, ma è certo che le zone franche non intercluse sarde non inizieranno neppure a vagire. Certo tutto è possibile, anche che il Codice venga cambiato ma è molto difficile che accada. Accadrà nella migliore delle ipotesi che il passaggio successivo da molti auspicato da zona franca doganale a zona franca fiscale o Free zone non potrà realizzarsi e quindi l’attirare capitali e conoscenze e imprese dall’esterno, oltre che il protagonismo dell’imprenditoria locale non avverrà. Queste se ne andranno nelle vere zone franche intercluse che circondano la Sardegna e spuntano in Europa come funghi, mentre noi rimarremo impiccati all’assistenzialismo statalista, cioè all’inedia e alla disoccupazione.
La scelta della Giunta si è concentrata su Olbia e Portovesme-Sant’Antioco, dimenticando le altre. In queste due zone sono previste zone franche non intercluse e quindi parafrasando Lussu nel suo giudizio sull’Autonomia ottenuta e diversa da quella richiesta, ci si aspettava dalla Giunta non il leone della zona franca integrale, ma almeno il gatto della zona franca doganale interclusa, abbiamo avuto in regalo invece il topo della zona franca non interclusa e per giunta condannato a morte. La sentenza sarà eseguita dal 1 giugno 2016. Bisogna rimboccarsi le maniche e continuare nella lotta per la zona franca sarda sino a quando non si otterrà nella sua interezza, per questo serve unità d’intenti e non mollare mai.
Mario Carboni
(admaioramedia.it)