Ormai siamo in piena stagione di caccia. Caccia al prete. In Sardegna abbiamo avuto due casi eclatanti nelle scorse settimane. Prima il vescovo di Sassari Paolo Atzei, bacchettato dalla stampa locale per aver detto (e poi ribadito più volte) che la carità deve iniziare con le persone più prossime e che la incontrollata accoglienza dei migranti stranieri rischia di fare perdere alle comunità la loro identità cristiana. Immediatamente dopo è arrivato il caso, ancor più eclatante, di don Massimiliano Pusceddu, parroco di Decimoputzu, che ha utilizzato un brano della Lettera di San Paolo ai Romani (capitolo 1, paragrafo 26 e seguenti) per sintetizzare la posizione millenaria della Chiesa sullo scottante tema dell’omosessualità e per esprimere in maniera veemente la sua contrarietà alle unioni civili appena approvate dal Parlamento italiano.
Il cosiddetto ‘peccato mortale’, ovvero la morte spirituale causata da comportamenti che la dottrina cattolica considera come peccati, è un concetto abbastanza elementare per chi abbia bazzicato almeno da piccolino le liturgie domenicali. Eppure le parole pronunciate lo scorso 28 maggio da don Max, così i suoi fedeli chiamano il parroco di Decimoputzu, hanno scatenato un vero e proprio finimondo. Anche perché sono diventate di pubblico dominio pochi giorni prima della strage nel locale gay di Orlando in cui, lo scorso 12 giugno, sono state sterminate 49 persone. Chi però ha avuto la curiosità e la pazienza di ascoltare l’omelia su youtube ha potuto notare che il brano biblico, scritto – lo ricordiamo – circa duemila anni fa da San Paolo, è stato citato dal sacerdote per spiegare la sua contrarietà alle unioni civili appena approvate dal Parlamento e per difendere, seppure con la veemenza che lo caratterizza, la famiglia tradizionale.
Certo, il parroco di Decimoputzu avrebbe potuto precisare che per la Chiesa la morte spirituale è cosa ben diversa da quella fisica. E che il concetto di peccato mortale si applica a tutti i comportamenti non cònsoni ai canoni cattolici, sia che li ponga in essere un omosessuale che un eterosessuale. Ma probabilmente non ha ritenuto di dover specificare queste cose pensando di rivolgersi solo ai fedeli che lo ascoltano ogni domenica e che dovrebbero saper interpretare i simboli biblici. Senza mettere in conto che l’omelia postata su you tube sarebbe stata ascoltata anche da persone che probabilmente non sono mai entrate in una chiesa e non hanno mai letto manco un versetto della Bibbia.
Il risultato è che i giornali regionali e nazionali – prendendo alla lettera il brano di San Paolo – hanno messo alla berlina a titoli cubitali il prete perché “augura la morte ai gay“. Insomma quei titoli forzati, conosciamo bene i meccanismi perversi della nostra informazione, sono diventati la verità assoluta. Da un giornale online che ha riportato per primo il contenuto dell’omelia recuperata su you tube quelle parole sono state scaraventate nelle prime pagine dei più importanti quotidiani nazionali. Infine è partita la caccia al prete. Don Massimiliano Pusceddu è stato denunciato dagli attivisti Lgbt e ora rischia di essere condannato per istigazione all’odio per aver citato un brano della Bibbia. Un brano di San Paolo, apostolo delle genti.
Alessandro Zorco – giornalista (da “Blogosocial – Parole condivise”)
(admaioramedia.it)
2 Comments
Maria Bonaria Usalla
Ormai se non fanno questi articoli non vendono molte copie……
webnauta59
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