Il Consiglio regionale si appresta ad adottare l’inno ufficiale della Sardegna, un tema sollevato nei mesi scorsi dai Riformatori, che hanno presentato una proposta di legge che prevedeva un percorso condiviso tra i sardi per la sua scelta.
Questa esigenza si può sintetizzare nella considerazione che il popolo sardo è universalmente riconosciuto come una “nazione senza stato”. I sardi si sentono indissolubilmente legati – in qualunque parte del mondo essi si trovino – alle loro radici, alla loro storia, alla loro cultura, alle loro tradizioni. Questo è il messaggio che viene trasmesso dallo sventolio di una bandiera con l’effige dei quattro mori che, ovunque venga esposta, certifica la presenza della sardità e accende in noi un profonda emozione di appartenenza. Allo stesso modo, l’inno sardo sarebbe un forte elemento simbolico, che consentirebbe di rafforzare ancora di più questo sentimento di unità e di coesione. L’inno che viene proposto, “Procurad’e moderare”, il canto de “S’innu de su patriottu sardu a sos feudatarios”, è certamente uno di quelli maggiormente amati.
La Sardegna può vantare antichi primati in ambito di ‘riconoscimento’ identitario, attraverso la forza di brani musicali. Da “Cunservet Deu su Re” (1842) fino a quello proposto nel 2005, dal maestro sassarese Antonio Deiara, con un arrangiamento dei versi di Montanaru e la musica del grande Lao Silesu. Ma esistono anche altri ‘canti della sarditá’ che, per differenti ragioni, storiche, politiche, sociali, religiose, sono tutti capaci di suscitare emozioni profonde tra i sardi e possono dunque ragionevolmente rappresentarne l’identità. Tra questi l’inno della Brigata Sassari “Dimonios” e il bellissimo canto d’amore “No poto reposare”, le cui note commuovono ogni sardo. Ed è stata anche avanzata l’autorevole opinione di scrivere un inno ‘ex novo’, coinvolgendo le migliori espressioni poetiche e musicali della Sardegna.
Chi deve scegliere dunque il ‘canto dei sardi’ tra le diverse opzioni in campo? La politica dice che lo deve scegliere il Consiglio regionale. Noi, invece, siamo convinti che nella decisione su un tema così fortemente evocativo deve essere coinvolto il popolo sardo. Viviamo, infatti, un momento storico particolarmente propizio per avviare un percorso di coinvolgimento della comunità sarda: le celebrazioni del 70mo anniversario dello Statuto e la grande iniziativa legata all’inserimento del principio di insularità in Costituzione. Coinvolgere le scuole, il mondo accademico, l’intera società sarda in una grande riflessione collettiva su questo rappresenterebbe una spinta potente in termini di rafforzamento di quell’orgoglio di appartenenza oggi così tenue, ma di cui abbiamo tanto bisogno e di quelle positività ed entusiasmo indispensabili per far ripartire la nostra Isola anche sul piano economico. La paura è che si stia si stia sprecando una preziosa occasione. Perciò, chiediamo al Consiglio regionale di riflettere sull’opportunità di fare della scelta dell’inno una mera ‘cosa di Palazzo’, che i sardi finirebbero per percepire come artificiale ed estranea.
Michele Cossa – Consigliere regionale dei Riformatori
(admaioramedia.it)