Un comparto costantemente in calo da ben 9 anni consecutivi, quello delle imprese artigiane sarde, che nel 2017 perse 784 unità, mentre nel 2016 ne perse 541.
I numeri negativi sono emersi dal rapporto dell’Osservatorio per le micro e piccole imprese di Confartigianato imprese Sardegna: su 35.562 imprese artigiane sarde, registrate negli albi delle Camere di Commercio al 31 dicembre 2017, 1.626 sono le nuove iscrizioni e 2.410 sono le cessazioni, registrando dal 2008 ad oggi una perdita totale di 7.456 imprese. Una crisi che non da segni di ripresa, avvertita maggiormente in provincia di Sassari che nel 2017, con 703 nuove iscrizioni e 987 cancellazioni, ha perso 284 imprese. In provincia di Cagliari sono 882 le cessazioni e 638 le iscrizioni, per una contrazione di 244 unità; segue Nuoro che con 354 cancellazioni e 283 iscrizioni (-71) e Oristano che, per vari problemi tra Regione e Camera di Commercio, non sta garantendo l’iscrizione delle imprese artigiane all’Albo e ha registrato 187 chiusure.
“Sono dati molto pesanti che rappresentano un grande turbamento per tutto il nostro comparto – commenta Antonio Matzutzi, presidente di Confartigianato imprese Sardegna – la crisi cronicizzata, il calo dei consumi delle famiglie, le tasse, la burocrazia, la mancanza di credito e di interventi organici per il settore, sono le principali cause che hanno costretto molti piccoli imprenditori ad abbassare definitivamente la saracinesca della propria bottega. Senza contare il dilagante abusivismo che danneggia principalmente l’artigianato. Basta fare un giro nei social network per vedere quanti abusivi promuovono on line servizi e produzioni tipiche dell’artigianato: dall’estetica, alla fotografia, agli accessori moda per arrivare alle produzioni alimentari”.
Tra le cause, si sottolinea l’effetto domino della crisi del comparto edile, manifatturiero e dei trasporti: il primo, con 622 aperture e 1.000 chiusure, perde 378 attività; il manifatturiero, con 275 aperture e 431 cancellazioni ne perde 156 e i trasporti, con 60 aperture e 156 chiusure, 96 realtà.
“Le difficoltà legate all’andamento economico regionale, che colpisce soprattutto il mercato interno, quello di riferimento dell’artigianato, è uno dei fattori determinanti – spiega Matzutzi – Non è casuale che i settori più in difficoltà siano il trasporto, alle prese con una spietata concorrenza, e le costruzioni, mentre il manifatturiero sembra pagare un prezzo piuttosto alto alla ristrutturazione che da anni sta interessando il settore. Al danno economico causato dalle cessazioni delle imprese artigiane c’è anche un aspetto sociale molto preoccupante da tenere in considerazione. Quando chiude definitivamente la saracinesca una bottega artigiana, la qualità della vita di quel quartiere o di quel paese peggiora notevolmente. C’è meno sicurezza, più degrado e il rischio di un concreto impoverimento del tessuto sociale”.
“Servono urgenti riflessioni e concrete azioni per sostenere vecchie e nuove imprese a consolidarsi e a non crollare definitivamente – conclude il Presidente – Riducendo gli elevati costi fiscali che scoraggiano gli investimenti, tagliando il cuneo fiscale che non agevola la ripresa ma anche intervenendo con specifiche leggi di incentivazione per l’artigianato. O anche supportando economicamente i giovani che vogliono fare gli artigiani. Proposta questa che abbiamo fatto per l’ultima Legge di Bilancio regionale ma che non è stata accolta. Grazie ad un proficuo dialogo con l’assessore regionale dell’Artigianato, Barbara Argiolas, sono state potenziate nel Bilancio regionale le risorse a valere sulla Legge 949 finalizzata ad abbattere gli interessi sugli investimenti delle imprese artigiane”.
Martina Corrias
(admaioramedia.it)