L’emergenza immigrazione è sbarcata a pieno regime anche in Sardegna. Le prime avvisaglie di quello che poteva succedere arrivarono con la protesta contro l’albergo di Sadali (analoga a quelle accadute in altre strutture nel resto d’Italia), considerato troppo isolato e non all’altezza di quanto sperato. Ma lo scenario prossimo venturo ha cominciato a delinearsi con ‘destinazione Sardegna’ per 880 immigrati, arrivati a Cagliari sabato 30 maggio e poi suddivisi in tutta l’Isola.
Pochi giorni dopo, piazza Matteotti è stata trasformata in un bivacco notturno da un centinaio di ‘ospiti’ che protestavano per essere stati spediti in Sardegna. Subito imitati a Carbonia, dove cinquanta eritrei hanno assediato il Commissariato cittadino per avere i documenti, ma non intendono farsi fotosegnalare, e partire subito per altre destinazioni. Nel frattempo, il Sindacato autonomo di Polizia ha denunciato le difficoltà di organico per poter gestire al meglio la situazione dopo questo consistente arrivo: “La Sardegna logisticamente non ha le possibilità per gestire una così massiccia presenza di stranieri “, ha detto Luca Agati, reponsabile del Sap Cagliari. La situazione delle strutture dell’accoglienza nell’Isola è al collasso da tempo, ma il peggio deve ancora arrivare.
Nei giorni scorsi, il prefetto Morcone, capo del Dipartimento per l’Immigrazione, ha scritto ai prefetti per regolamentare l’ “afflusso di cittadini stranieri a seguito di ulteriori sbarchi sulle coste italiane” nei territori regionali, considerando che si è verificato il “completo assorbimento dei posti disponibili nelle strutture siciliane”. Perciò, “si rende necessario assicurare il numero dei posti in accoglienza indicato nella tabella”. Un numero calcolato dalla differenza tra la quota regionale attribuita da precedenti circolari ministeriali (stabilita, con un dubbio criterio, esclusivamente sulla popolazione residente) e le presenze degli immigrati ospitati, alla data del 29 maggio, tra Cara, strutture temporanee e Sprar. Quindi, con rassegnazione, la circolare evidenziava che “non risulta possibile assicurare il rispetto delle tipologie dei posti messi a disposizione”. E le foto diffuse da Alghero, dove in una vecchia scuola in disuso sono stati alloggiati 80 immigrati che mangiano e dormono in uno stanzone coi materassi poggiati sul pavimento, sono state la triste conferma delle parole di Morcone.
Secondo questa tabella, alla Sardegna sarebbero spettati 538 immigrati (2.056 assegnati meno 1.518 che risultano già ospitati), ciò nonostante a Cagliari il 30 maggio ne sono arrivati 880. È facile aspettarsi che, con un’altra imminente circolare, ci sarà un ulteriore adeguamento delle quote, in un gioco infinito e pericoloso che non accenna a finire (è di queste ore la notizia di altri 3.000 immigrati soccorsi da una nave inglese al largo della Libia) e che sta ingessando le Prefetture ad occuparsi quasi esclusivamente di immigrazione, grazie al ‘servizio taxi Triton’ che li scarica tutti in Italia. La tabella Morcone appare del tutto inutile ed aleatoria, visto che il Lazio ha un ‘credito’ di 3.432, la Calabria di 2.249, mentre Lombardia, Veneto e Toscana sommano un ‘debito’ di oltre 5.000 immigrati.
Ma è anche nei numeri delle presenze che la Sardegna appare in grossa difficoltà gestionale: 1.164 sono ospitati nelle strutture temporanee di privati, associazioni e cooperative sparse nell’Isola, che operano in convenzione con le Prefetture, 266 nel Cara (Centro accoglienza richiedenti asilo) di Elmas ed appena 88 nello Sprar, una rete della cosiddetta ‘seconda accoglienza’. Il Sistema di protezione e accoglienza ai richiedenti asilo è “finalizzato all’integrazione sociale ed economica di soggetti già titolari di una forma di protezione internazionale (rifugiati, titolari di protezione sussidiaria o umanitaria)”, finanziato dal Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo e da altre fonti di finanziamento straordinarie. Nato in base ad un protocollo di intesa tra Ministero dell’Interno, Anci ed Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), è affidato alla gestione degli Enti locali territoriali, che possono predisporre progetti, finanziati con bandi pubblici, per accogliere questo tipo di stranieri. Lo Sprar prevede l’accoglienza in appartamenti o in centri e lo svolgimento di attività per favorire la loro integrazione, tra i servizi offerti dai singoli progetti: assistenza sanitaria e sociale, attività culturali, inserimento scolastico dei minori, mediazione linguistica e interculturale, orientamento ed informazione legale, servizi per l’alloggio, l’inserimento lavorativo e la formazione. Quello sardo è il peggior risultato regionale (fatta eccezione per la piccolissima Val d’Aosta che non presenta progetti), evidenziato dai dati superiori addirittura del Molise (405) o della Basilicata (382). Un’ennesima occasione persa dai nostri amministratori per non caricare sulle già esigue casse degli Enti locali un’assistenza che sta contribuendo ad impoverire una già debole economia. (fm)
(admaioramedia.it)
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ignazio_locci
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truzzu
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stefanomuscas
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