Qualcuno salvi dal tracollo il Porto canale di Cagliari. Un allarme che chiama in causa il comparto marittimo isolano e le istituzioni politiche locali e nazionali davanti alla denuncia diffusa in questi giorni dalla sigla sindacale Uiltrasporti, che ha richiamato l’attenzione di tutti sui dati inquietanti registrati dallo scalo industriale del capoluogo isolano negli ultimi tre anni.
Uno scalo, il Porto canale, che tra il 2015 e il 2017 ha visto crollare i dati sulla movimentazione delle merci di oltre il 70%, con la fosca previsione per l’anno in corso di un’ulteriore flessione del 55% rispetto al fallimentare anno appena trascorso. Da qui la richiesta della sigla di settore dell’apertura urgente di un tavolo di crisi e un impegno diretto del ministro delle Infrastrutture Toninelli, invitato a dare risposte concrete su una situazione divenuta ormai inaccettabile da tutti i punti di vista e che chiama pesantemente in causa la Regione Sardegna e i tre anni e mezzo di indecisioni e beghe da cortile sulla scelta del presidente dell’Autorità portuale: uno stallo pagato a caro prezzo con il commissariamento della struttura e la mancanza di una visione progettuale d’insieme di una dirigenza forte del sostegno delle istituzioni. E dire che i tentativi di rilancio annunciati negli ultimi anni non si contano, sia quelli delle governances succedutesi alla guida della struttura, sia quella dei rappresentanti dei cittadini, privi alla prova dei fatti di un orizzonte strategico del sistema delle infrastrutture e dei trasporti isolano e del necessario supporto all’intero sistema produttivo.
Un peccato mortale, questo, che rischia di segnare per gli anni a venire la fine di ogni velleità industriale della seconda isola del Mediterraneo, incapace di competere con successo in un’epoca segnata da un’agguerrita concorrenza globale. Questo almeno dice l’inarrestabile spirale in discesa dei dati sui volumi di sbarchi delle merci, con un conseguente crollo nei numeri degli operatori e degli investimenti. Una situazione da allarme rosso negata in più occasioni e da più parti nei palazzi che contano della politica sarda, eppure inesorabili nel dare conto di una debacle che nessuno può ormai più contestare o nascondere.
Un fallimento palesato in più occasioni da segnali incontrovertibili, come l’abbandono dello scalo da parte dei grandi operatori internazionali attratti dal posizionamento strategico in altri lidi di gran lunga più allettanti, meglio posizionati sulle rotte ‘calde’ di Oceano Indiano e Nord Europa. Una resa alla spicciolata che rischia di sancire la fine del terminal, privo di risposte adeguate e iniziative coraggiose davanti al pericolo concreto della fine dell’approdo delle merci indiane e cinesi, pari a oltre il 90% del volume complessivo dei traffici dello scalo, con un prevedibile effetto domino ai danni di tutto l’indotto. Una minaccia che incombe sulla vita degli oltre seicento lavoratori interessati, tra dipendenti diretti e lavoratori dell’indotto, che vedono sempre più a rischio il proprio impiego a causa dello spostamento di alcuni operatori e dei relativi mezzi navali verso mete più appetibili come il terminal di Gioia Tauro. Da qui l’urgenza di una reazione d’orgoglio, possibile soltanto attraverso un pacchetto di misure mirate e ai tanto agognati investimenti ormai necessari per riportare lo scalo cagliaritano a un adeguato livello di competitività con gli approdi vicini.
Nicola Silenti
(admaioramedia.it)