Qual è il bene della Sardegna? Il bene per cui saremo disposti a spendere noi stessi? Le nostre spiagge o i nostri boschi, da Burcei ad Alghero? Non basta. I nostri nuraghi e le nostre chiese? Non basta. Credo che il bene della Sardegna siamo noi Sardi. Un bene per cui val la pena essere fieri delle nostre tradizioni fatte di nuraghi e chiese, un bene per cui val la pena indicare i nostri paesaggi come segno del Bello.
Noi Sardi che la nostra ospitalità tutti notano e indicano come diversa e più bella. Un’ospitalità che dai nostri genitori, nonni e da molti di noi è trattata come cosa sacra. Ospiti che ancora si meravigliano e ringraziano. Ospiti però. Ma la Sardegna, la sua cura, è affidata da millenni ai Sardi. Gli ultimi movimenti politico-amministrativi, ahimè, ci hanno fatto capire che i Sardi non credono nei loro conterranei. La Sardegna si spopola, ma questo non è un problema. Nessun sardo è reputato degno di ricoprire un incarico dirigenziale nella sanità isolana, ma questo non è un problema. Le Università (il centro di ogni rivincita culturale e sociale) vengono gestite avendo come fine il potere a prescindere dalla Sardegna e non come una fucina di sapere, ma questo non è un problema.
È un’utopia chiedere che l’ospite venga trattato come tale e il ‘padrone di casa’ (se così possiamo osare) venga messo in grado di prendersi cura sempre meglio delle persone e dei luoghi di cui è responsabile? Quindi Università, sostegno alla natalità e uno sguardo di ‘simpatia’ (almeno quello) per le eccellenze tra i Sardi.
Danilo
(admaioramedia.it)