Con un tempismo mirabolante (meno di due mesi dalle elezioni), arriva in Consiglio comunale la proposta di delibera che riguarda la demolizione e ricostruzione dello Stadio Sant’Elia, con annessi spazi commerciale e servizi, da parte della Cagliari Calcio SpA.
Centinaia di pagine da esaminare e una nuova normativa da studiare (ed interpretare) in pochissimo tempo, per quella che, probabilmente, è l’opera pubblica più importante di Cagliari degli ultimi 40 anni (la precedente, forse, fu proprio lo stadio che oggi conosciamo). Sebbene la legge di riferimento sia relativamente 'nuova' (147/2013), lo schema che la Cagliari Calcio propone al Comune è quello del cosiddetto project financing (introdotto in Italia dalla Legge 451/1998, cosiddetta Merloni ter e successive modifiche) e trova molte similitudini con quelle già utilizzate per la realizzazione dei nuovi stadi di Torino e Udine, con il Comune che cede il diritto di superficie sull’area pubblica per 51 anni (contro i 99 di Torino e Udine) e la società proponente che realizza l’opera, previa gara pubblica che può aggiudicarsi anche altro soggetto.
La sostanziale differenza tra la nostra e le altre procedure è data dai numeri: a Torino ed Udine è stato quantificato un 'prezzo' per il diritto di superficie (rispettivamente 25 e 21,5 milioni di euro, da noi 0) e non è stato offerto nessun contributo pubblico (a Cagliari, quello del Comune viene stimato in 10 milioni di euro; è poi previsto un intervento della Sfirs, attraverso altro meccanismo finanziario per altri 10 milioni). A Udine però è stata concessa una compensazione parziale tra costo totale dei lavori di demolizione e ristrutturazione con quella del citato 'prezzo' che, a conti fatti, si è ridotto fino a 4,45 milioni di euro che entreranno nelle casse del Comune. L’altra particolarità è che, mentre a Torino è stata concessa una destinazione commerciale con numeri piuttosto simili a quelli proposti a Cagliari (circa 25mila mq tra vendita, servizi, uffici ecc.), ad Udine risulta che le attività consentite siano limitate a quelle di supporto all’attività del club (bar, ristorante ecc.), poiché nell’accordo con la Società Udinese venne scritto che non erano ammissibili attività commerciali non connesse a quelle sportive in virtù dei divieti contenuti nelle normative urbanistiche vigenti.
A Cagliari, oggi, vige lo stesso divieto e, pertanto, l’autorizzazione urbanistica per il nuovo stadio dovrà contenere obbligatoriamente una variante al Piano urbanistico comunale ed una espressa autorizzazione della Giunta regionale per le attività commerciali sopra i 10mila mq (grande distribuzione). Veniamo, infine, ai ricavi che stimati dalla società proponente nel Piano economico finanziario presentato al Comune. Si indicano in circa 4,5 milioni di euro all’anno, con macro voci principali costituite da fitto stadio e Sky box (950mila euro), fitto spazi commerciali (1,7 milioni), cessione nome stadio (900mila). Il residuo (circa 1 milione) arriverà da sponsor, bar, ristoranti ed eventi (concerti ecc.). Ovviamente si tratta di ricavi dai quali dovranno essere detratti tutti i costi per le manutenzioni, personale ecc. (come da scheda da me realizzata e qui riprodotta).
Questi i 'freddi' numeri che necessitano attenta ponderazione da parte di noi amministratori ai fini di questa decisione. Mancano altri dati: quanto vale lo stadio oggi? Qual è l’effetto sul bilancio della cessione di questo bene? Quanto vale effettivamente il diritto di superficie tenuto conto degli investimenti pubblici multimilionari connessi a micropalificazione (sotterranea), parcheggi e viabilità? Poi vengono le valutazioni politiche, connesse all’ 'eterna' questione dello stadio, che evito di esporre qui. Oggi, in Consiglio comunale, inizierà la discussione che mi auguro sia seria, ponderata e proficua per 'tutte le Cagliari che ci sono' e non per 'una' soltanto.
Giovanni Dore – Consigliere comunale di Cagliari (dal blog)
(admaioramedia.it)
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