Sulla partecipazione della Brigata “Sassari” nella Grande Guerra sono numerosi i libri e gli articoli degli storici sardi. Ad Maiora Media, in occasione del 100° anniversario della sua costituzione, ha chiesto ad uno storico di Bergamo, Marco Cimmino, di raccontare la Brigata. Questa è la terza delle quattro puntate.
Tra tutti i corpi ed i reparti che combatterono nel Regio Esercito durante la prima guerra mondiale, quello cui si possa, almeno da un punto di vista mitologico, avvicinare in qualche modo il meccanismo mitopoietico ci pare essere il corpo degli alpini.
Ovviamente, in comune con gli alpini, i fanti della “Sassari” hanno, soprattutto, l’origine regionale del reparto: manca loro, tuttavia, l’elemento di immediata riconoscibilità, che, nel caso degli alpini, è dato dal cappello con la penna, che li distingue dal resto dell’esercito. Inoltre, gli alpini sono un corpo speciale, mentre la “Sassari”, per quanto d’élite, è una brigata di fanteria come tutte le altre: la sua distinzione deriva proprio dal mito militare e non da caratteri, per così dire, ontologici. Per questo, i sassarini hanno ispirato un processo mitopoietico differente, rispetto a quello dei soldati da montagna: a cominciare dall’inno, per finire con le leggende.
Diverso è, invece, il discorso per quanto riguarda l’utilizzo militare dei reparti: qui le analogie, almeno nel mito, sono evidenti. Sia gli alpini che i fanti della “Sassari” spesso percepirono se stessi come una sorta di extrema ratio: soldati cui si ricorreva quando tutti gli altri avevano fallito o quando c’era bisogno di azioni risolutive. Orgoglio e malcontento, insieme, accompagnarono sempre questo particolare aspetto del mito eroico dei soldati, sia alpini che Sardi, a dimostrazione di una sostanziale affinità nella percezione del proprio valore, che era, per i reparti, contemporaneamente, maledizione e distinzione, che, nel caso degli “intrepidi Sardi” fu la loro più o meno malintesa “sardità”.
Alcuni reparti dell’Esercito italiano, inoltre, per particolari meriti, ottennero delle deroghe al regolamento militare: ad esempio, gli artiglieri del GAM “Bergamo” potevano cucire sulla divisa mimetica lo stemma del reparto, con il motto “Berghem de sass”. La “Sassari” sfila ancora oggi, unico reparto di fanteria, cantando “Dimonios”, inno relativamente recente, ma riferito proprio all’epopea delle “frasche” e dei “razzi”, che affonderebbe le proprie radici nel soprannome dato dagli austroungarici ai fanti sardi, definiti ‘diavoli rossi’ (roten teufel), per il colore delle loro mostrine (in realtà, biancorosse, ma che, stingendosi alle intemperie, dovevano apparire uniformemente rosse). Si veda, a tal proposito, quanto scritto da Paolo Pozzato nel suo bellissimo libro sulla “Sassari”: “Un anno sull’altipiano con i Diavoli Rossi”.
Marco Cimmino – Storico e giornalista; Componente della Società Italiana di Storia Militare e del Comitato scientifico del Festival Internazionale “èStoria” di Gorizia
(3ª puntata, la 1ª puntata, “Nascita di un reparto fuori del comune”, la 2ª puntata, “Strutture e mito“, , e la 4ª puntata, “L’umile fante e l’intrepido Sardo”, sono state pubblicate il 31 maggio, il 7 e il 21 giugno)
(admaioramedia.it)
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