Le indiscrezioni, che vanno prendendo sempre più corpo, sull’imminente fusione tra il Banco di Sardegna ed il suo socio di maggioranza, la Banca Popolare dell’Emilia Romagna (Bper), non possono passare sotto silenzio negli ambienti politici isolani: la scomparsa del nostro principale istituto di credito, che seguirebbe quella della Banca di Sassari, completerebbe il processo di colonizzazione dell’economia sarda, in barba ai tanti paladini dell’autonomia che non hanno mai speso una parola su un argomento di capitale importanza per lo sviluppo dell’Isola.
Nonostante le ripetute sollecitazioni ad assumere una posizione su quanto da anni sta accadendo nel settore creditizio, la Giunta regionale continua a fare finta di niente e questo è il risultato: l’economia sarda rischia di trovarsi a dipendere quasi interamente dai grandi gruppi bancari del Continente, con tutto ciò che potrà derivarne in termini di attenzione verso le esigenze dei nostri comparti produttivi, nonché dei servizi sul territorio, anche alla luce del costante smantellamento della rete di filiali del Banco di Sardegna operato finora dalla Bper. Sarebbe oltremodo auspicabile, in particolare, un intervento da parte dell’Esecutivo nei confronti della Fondazione di Sardegna, la quale gestisce un patrimonio di 900 milioni di euro appartenenti al popolo sardo e che ha quale principale missione quella di contribuire allo sviluppo dell’economia regionale: è giunto il momento che la Fondazione, in qualità di socio di minoranza del Banco, dia ai sardi delle spiegazioni su come questo processo di colonizzazione del nostro comparto creditizio possa presentare dei vantaggi per la Sardegna.
Confidiamo quantomeno nell’intervento della Banca d’Italia, affinché si faccia chiarezza sui tanti aspetti poco chiari che insistono nei rapporti tra Bper e Fondazione di Sardegna ed in particolare perché sia finalmente fatta luce sul passaggio di azioni che ha portato nelle tasche dell’istituto di credito emiliano la quota di maggioranza del Banco: se la compravendita abbia realmente avuto luogo e se il corrispettivo sia stato versato. I collegamenti tra la Fondazione e gli ambienti politici, isolani e non solo, sono più che noti, e anche per questo è necessario dissipare la pesante cappa di silenzio che avvolge il nostro comparto creditizio: è in gioco il futuro dell’economia sarda e non è possibile che chi è chiamato a governare l’Isola, davanti a fatti di tale importanza, preferisca guardare altrove pur di non disturbare i poteri forti delle consorterie politico-finanziarie locali e nazionali.
Attilio Dedoni – Capogruppo Consiglio regionale dei Riformatori Sardi
(admaioramedia.it)