Arriva a Cagliari, tra poco, “Paratissima”, vetrina espositiva che nasce a Torino come risposta ad Artissima. Ad una delle fiere d’arte più importante d’Italia, Torino risponde con una controfiera a dimensione ricerca artistica senza passare per per intermediazioni di gallerie e mercanti, insomma gli artisti si mettono sul mercato da soli, desiderosi d’intercettare dei collezionisti che sappiano intercettarli a prezzi più convenienti d’Artissima.
A Cagliari, Artissima non c’è mai stata, e Paratissima si presenta come se fosse un Artissima a carico dell’artista selezionato, che paga lo spazio espositivo. Chi scrive è allergico a fiere d’arte e biennali d’arte, figurarsi a una fiera indy a carico dell’artista che espone, che non ha come contraltare nessuna Artissima da contestare. Fiere e Biennali d’arte sono una stronzata, unici reali utenti e visitatori sono folle e orde d’artisti (o presunti tali) che si scrutano e demoliscono a vicenda, gareggiano per un’inquadratura televisiva smaniosi di vendersi localmente la loro partecipazione, anche a livello politico locale. Avete mai contato gli artisti partecipanti a un evento come Paratissima anche in una piccola realtà metropolitana, priva di un’Accademia di Belle Arti, come Cagliari? Impossibile mettere a fuoco tutto e contemporaneamente, tutto sembra concepito per vendere l’idea della Fiera, in questo caso Paratissima, ma non per comprendere le dinamiche di ricerca dei differenti linguaggi dell’arte, di fatto si afferma l’estetica della riproducibilità social.
Verrà risparmiato il volume ingombrante con assurdi indici tematici da Biennale di Venezia, non ci saranno ingombranti curatori portatori d’interessi economici e culturali in linea con il momento storico, con il Governo in carica; ma resta un’idea di mercato e di mercatino dell’arte in un territorio, dove quello che manca è principalmente l’istituzione Accademia di Belle Arti, che sappia rendere autonomi nella ricerca e l’elaborazione dei contenuti gli artisti residenti. Altrimenti, qual è il senso reale di Paratissima a Cagliari, se non il pretesto di qualche bagnetto estivo a qualche artista turista con stand espositivo? Macchine come Paratissima, quando e dove funzionano realmente? Quando c’è la disponibilità a potere spremere tutto, quando arrivano artisti da ogni dove per partecipare o per vedere e curiosare. Paratissima funzionerebbe se Cagliari formasse i suoi artisti in autonomia, e a quel punto, con qualche artista in più, qualche avvocato, curatore, ingegnere e medico in meno, sorgerebbero naturalmente più gallerie per diversi target di riferimento e fiere, che darebbero a Paratissima a Cagliari il suo senso critico e dialettico originario, ora in Città evidentemente snaturato.
Certe cornici non valorizzano gli artisti, talvolta gli impoveriscono. Il vero Pinuccio Sciola non si troverà mai alla Biennale di Venezia, ma nei suoi luoghi, che con lui sono opera. Non si può comprendere Sciola se non a San Sperate, nel suo paese Museo (lo trovo snaturato anche a Cagliari), questo non toglie che oggi più che mai tutto possa essere mercato, anche il sogno egotico dell’artista o di un’artista in formazione. Per esempio, I lavori della scimmia Congo? Avevano un valore economico, ma non avevano certo un valore di ricerca culturale, eppure i catalani Mirò e Picasso acquistarono lavori della scimmia. Perché prendo le distanze da eventi fiere, anche se nati come controfiere, come Paratissima? Perché nutro la profondo convinzione che l’unico sistema dell’arte, oggi culturalmente ed economicamente valido, sia quello degli artisti globalmente interconnessi, che sappiano radicarsi nei luoghi dove vivono e abitano. Per questo, l’impressionismo è solo al Louvre e il Pinuccio Sciola originale è soltanto a San Sperate.
Domenico Di Caterino
(admaioramedia.it)