Hanno festeggiato il Natale con il premio di risultato di 30mila euro, ventinove massimi dirigenti su trenta della macchina elefantiaca regionale. In uno Stato che legifera continuamente per la trasparenza e la meritocrazia sarebbe interessante leggere quali sarebbero i meriti di questi 29 dirigenti per l’aver ricevuto cotanto obolo, il massimo possibile, come verrebbe da chiedersi cosa non abbia fatto l’unico a non aver ricevuto la prebenda di risultato.
Probabilmente vorrebbero saperlo anche i circa 100.000 assistiti a vario titolo delle varie zone della Sardegna, come ad esempio gli operai della chimica e metallurgica nel Sulcis di Portovesme srl, Alcoa, Eurallumina, o quelli della chimica verde del cardo selvatico di Matrica a Porto Torres, o quelli di Olmedo della miniera di bauxite, passando per i dipendenti del sugherificio Ganau di Tempio o ad Olbia presso la Lavanderia Industriale Clea, scendendo ancora ad Arbatax presso la Saipem o a Ottana per i dipendenti della ex centrale termoelettrica, come dimenticare anche il polo tessile Legler di Macomer e i manutentori dei treni di Villacidro della Keller. Secondo i dati Istat, recentemente pubblicati, le domande di disoccupazione Naspi presentate nel 2017 sono oltre 80.000 (Cagliari 31.827, Nuoro 12.894, Sassari 29.191, Oristano 6.244). L’unica industria in positivo, che vale più di un miliardo di euro (dati elaborati dal gruppo editoriale Gedi sui dati forniti dal Monopolio di Stato) è quella del gioco d’azzardo, che per capillarità di distribuzione delle slot machine vede la Sardegna al quarto posto nazionale.
Panem et circenses direbbero nell’antica Roma, un vero strumento in mano al potere per far cessare i malumori delle masse, diamogli un po’ di sussidi di disoccupazione a questi plebei e un po’ di slot machine, per realizzare un finto benessere popolare e quindi politico. In questo mondo irreale sembra vivere il presidente della Regione Pigliaru: “In questo momento la Sardegna è un cantiere perché abbiamo affrontato le riforme profonde che la nostra regione aspettava da troppo tempo e che sono l’unica possibile risposta alla crisi: più lavoro, una sanità migliore e capace di ridurre il grave fenomeno della migrazione sanitaria, istituzioni più semplici ed efficienti, trasporti efficaci per mitigare il problema dell’insularità, una agricoltura più produttiva, meno soggetta alle crisi periodiche che da troppo tempo la caratterizzano”. Ma la Sardegna, in realtà, più che un cantiere, sembra un ospedale da campo che sta cercando di curare malati terminali.
Energhia
(admaioramedia.it)