La scrittrice Michela Murgia, pur di far parlare di sé, spesso in modo autolesionistico, non rinuncia a coniare nuove cretinate linguistiche.
Tempo fa, voleva ribattezzare la Patria: Matria fu il termine suggerito. Ora, non ancora soddisfatta, seguendo il filo logico secondo cui queste iniziative potrebbero portare acqua al mulino della parità dei sessi, ha concepito il termine “personaggia”. Così si è espressa qualche giorno fa al TG1 nella rubrica “Billy”, presentando il suo nuovo libro e le sue “personagge”. Secondo la Murgia, «le saghe tradizionali hanno pochissime “personagge”, spesso povere di caratterizzazione e prive di potere, per lo più graziosi pretesti per motivare l’eroico maschio di turno a questa o quell’impresa epica», evidenziando ancora una volta una personale frustrazione e un interiore senso di inferiorità, volendo coniugare al femminile qualsiasi parola del vocabolario italiano.
La scrittrice è un’icona di tutta la galassia pro Lgbt, persone, associazioni, movimenti ecc., che promuovono la teoria gender nelle scuole, mascherata come una presunta lotta alle ‘stereotipie di genere’, con il proposito di cancellare la differenza sessuale, oltre che favorire la cosiddetta fluidità dei sessi, secondo la quale ciascuno decide il sesso maschile o femminile cui appartenere, se non appartenere a innumerevoli categorie fantasiose e innaturali. Anche per questo motivo, la Murgia vorrebbe apparire intelligente e controcorrente definendo i personaggi femminili come “personagge”, invece il suo cercare di accendere i riflettori a qualsiasi costo è diventato patetico, neanche più ridicolo.
Del resto, lei si sente la Saviano femmina, impegnata da sempre in sofismi inutili con la convinzione di portare avanti inconsistenti battaglie civili, anche massacrando la lingua italiana in nome della parità tra i sessi.
Energhia
(admaioramedia.it)