C’è un nuovo indipendentismo che avanza. Perciò, in vista delle prossime Elezioni regionali, anche il neo indipendentista Anthony Muroni prosegue i suoi incontri per la Sardegna in cerca di qualche voto.
Ripetendo, tra le altre cose, il nauseabondo mantra dell’autodeterminazione, lo scorso 20 ottobre a Sarroch, Muroni si è spinto oltre, pianificando un modello di sviluppo che non continui con l’industria pesante: “Senza un modello di sviluppo nostro, tra tre decenni la Sardegna sarà un non luogo. Se si continua con l’industria pesante si continua a fare il deserto. E si decreta la morte per i nostri figli e nipoti”. L’industria pesante normalmente comprende l’insieme delle industrie meccaniche, siderurgiche e metallurgiche del territorio, pertanto, non si comprende a che tipo di industria pesante si riferisca. Oltretutto, riferendosi a una platea di anziani, anche perché giovani e meno giovani a Sarroch lavorano e vivono grazie agli stipendi della Saras, che direttamente o indirettamente distribuisce reddito anche per tutti gli altri settori dell’economia che ruotano intorno ad essa: si pensi ai servizi mensa, trasporto operai, imprese di manutenzione ecc.
Ad avere una visione della realtà industriale della Sardegna forse l’unica industria pesante ancora rimasta è la Saipem del gruppo Eni, che attualmente sembra avere commesse per la costruzione di impianti e strutture per piattaforme petrolifere fino a febbraio 2018, dopo tale data è ormai molto probabile che suonino le campane a morto anche per l’unica realtà industriale ogliastrina rimasta. Ammortizzatori sociali in scadenza anche per la Keller, altra realtà industriale fallimentare che si è dedicata in passato alla costruzione, manutenzione e ristrutturazione oltre che allestimento di carrozze e vagoni ferroviari. Inutile citare i poli petrolchimici di Portovesme, Porto Torres e Ottana, da anni ormai allo stremo, quasi non se ne parla neanche più, e sono i deserti a cui Muroni probabilmente si riferisce.
Riflettendo ulteriormente sulle parole dette a Sarroch, Muroni probabilmente intendeva proprio ipotizzare ancora una volta la chiusura dell’unica realtà industriale valida rimasta in Sardegna, e che vale circa il 30% del Pil sardo, rappresentando per il sud Sardegna una delle poche alternative lavorative agli impieghi pubblici (amministrazioni, scuole, sanità) e ai servizi collegati. Ovviamente, non si propongono sistemi economici alternativi, ma si cavalca soltanto qualche tifoso dell’ambientalismo ideologico e della decrescita felice. La Sardegna ha più bisogno di giornalisti indipendenti, di indipendentisti ce ne sono già abbastanza.
Energhia
(admaioramedia.it)
2 Comments
Salvatore Cuboni
Cosa non si fa per prendere 4 voti alle Regionali!!! Si dicono corbellerie a gogo’……pensate il deserto che si creerebbe senza la Saras che paga le tasse in Sardegna e crea lavoro diretto ed indotto!!!!
Ivan Monni
Ci sono uomini liberi e canis de strexiu. Mi raccomando oliate bene la catena, si sa mai faccia troppo rumore e non si disturbi troppo