Per contrastare lo spopolamento della Sardegna, il presidente dell’Anci Sardegna, Emiliano Deiana, nelle scorse settimane ha consegnato al Consiglio regionale un documento ‘di metodo’. Nonostante un’attenta lettura di tutto il testo (pubblicato nella sua pagina Facebook) è difficile scorgere qualcosa di diverso dal solito cianciare di aria fritta.
Il Presidente Anci propone due classi di azioni. Nella prima, si parla di adeguare i servizi essenziali, migliorare i servizi per la salute nelle aree interne, riscoprire il ruolo della scuola nelle aree interne e la mobilità nelle aree interne. Nella seconda, si parla di tutela del territorio e comunità locali, mediante valorizzazione delle risorse naturali, culturali e del turismo, dei sistemi agro-alimentari e per lo sviluppo locale (saper fare e artigianato), e l’onnipresente investimento nel risparmio energetico e nelle filiere locali di energie rinnovabili.
Deiana e i vari sindaci, che hanno contribuito al documento, devono avere memoria corta e si sono sicuramente dimenticati delle scuole chiuse dalla giunta Pigliaru, che però ha aumentato i contributi per i mezzi di trasporto degli studenti da un comune all’altro della Sardegna. Nel centro Sardegna, le scuole, soprattutto quelle della prima infanzia, hanno classi con bambini multietà, alla faccia del riscoprimento del ruolo della scuola e, si presume, della qualità della didattica, che deve invece fare i conti sempre con il maledetto bilancio e con le regole nazionali che impongono che le classi non possano avere meno di 15 bambini. L’Anci si deve essere anche dimenticata delle recenti riforme della sanità Sarda, che vedono proprio le zone interne penalizzate con la chiusura o depotenziamento degli ospedali periferici.
La mobilità delle zone interne si potrebbe sicuramente pensare di migliorarla, anche semplicemente riaprendo la viabilità in quei punti ancora chiusi dai recenti nubifragi degli anni scorsi, o davvero intervenendo pesantemente nelle zone più interne ad esempio della Barbagia. Si parla di valorizzazione delle risorse naturali, culturali e del turismo, ma non si capisce in che modo? Saranno i soliti conterranei appassionati di sagre paesane a far fiorire l’economia del turismo delle zone interne? Non ci sono idee più concrete per migliorare il sistema dei trasporti aerei e navali verso il resto del mondo, anche perché in pochi, politici, capiscono che la Sardegna deve diventare ricettiva e attrattiva per viaggiatori da tutto il mondo, e non solo dei migranti, e sempre i politici, pochi, capiscono che la Sardegna non ha alcuna necessità, come sostiene l’Anci, di utilizzare il fenomeno migratorio, in concorso con le altre politiche strutturali (quali?) come antidoto allo spopolamento della Sardegna.
Nessun riferimento alle politiche agropastorali, magari migliorando le inefficienze dei sistemi di pagamento dei contributi dell’Argea, che, con fardelli burocratici insostenibili, portano sempre gli agricoltori e gli allevatori al massimo stremo in attesa di elemosine indispensabili per la sopravvivenza delle aziende. Infine, si parla degli interventi sul risparmio energetico e le fonti rinnovabili, senza forse leggere, ad esempio, la notizia dello scorso 3 dicembre, dove il progetto di un nuovo parco eolico a Sennori è stato fermato per la presenza di pipistrelli nella zona individuata dai proponenti il progetto, ma sono tanti i vincoli, soprattutto ideologici, che nascondendosi dietro i pipistrelli in questo caso, o le galline prataiole, o presunti resti archeologici di valore insignificante, in moltissimi altri casi, impediscono lo sviluppo di impianti a fonti rinnovabili nella Sardegna. Molti sarebbero sicuramente gli interventi di risparmio energetico sicuramente effettuabili nei centri storici della Sardegna, fondamentali per far ripartire l’edilizia, peccato però che i vincoli dei vari piani particolareggiati li rendano praticamente inattuabili, condannando le vecchie abitazioni, di fatto inagibili e inabitabili poiché prive degli standard abitativi attuali, al crollo naturale e alla successiva demolizione. Se neppure i sindaci dell’Anci, che vivono la realtà e le difficoltà più concrete dei piccoli centri, non hanno ricette serie, si rischia di andare davvero verso un punto di non ritorno.
Energhia
(admaioramedia.it)