Nel convegno “Il banco vuoto “ sulla tragedia di Carolina Picchio, che si è svolto al Museo Archeologico di Olbia, dove da due anni l’Assessorato comunale alla Pubblica Istruzione porta avanti una campagna di sensibilizzazione sul tema del cyberbullismo, l’assessore Sabrina Serra ha evidenziato che «la vita dei nostri ragazzi si svolge anche sulla rete, attraverso smartphone e social network. Il cyberbullismo, a differenza del bullismo ‘tradizionale’, è una violenza subdola e silenziosa ma che investe la vittima con una forza incredibile. Le vittime di violenza virtuale non si sentono al sicuro in nessun luogo, nemmeno all’interno delle mura di casa. Questa iniziativa vuole sensibilizzare rispetto ad un problema serio e drammatico al quale occorre dare il peso che effettivamente ha nella nostra società».
Carolina aveva solo 14 anni quando nel 2013 si tolse la vita a seguito di violente aggressioni e persecuzioni subite in rete da alcuni compagni di scuola divenute poi virali. Durante una festa aveva bevuto, o era stata fatta bere troppo, e poi era stata molestata sessualmente da diversi ragazzi. Il tutto era stato ripreso con un cellulare e mandato in rete, in breve il video era diventato virale così come gli insulti verso la ragazza. Nonostante la forza di carattere raccontata dal padre, il dolore è stato troppo grande per Carolina che ha lasciato in eredità un insegnamento che oggi pesa come un macigno: “Le parole fanno più male delle botte”, la domanda se agli altri non facciano male e l’invito ad essere più sensibili. Eredità che è stata raccolta dal padre e dall’insegnante della ragazza, divenuti oggi un simbolo della lotta al cyberbullismo, hanno dato un senso ad un dolore assurdo perché non ci sia più nessuna Carolina.
L’incontro era rivolto alle scolaresche, agli insegnanti, ai genitori. Delegazioni di ragazzi delle scuole della città hanno ascoltato il toccante racconto di un padre, Paolo, coraggioso che ha perso la propria figlia, ma vuole salvare i figli degli altri, Oltre alle spiegazioni di Elena Ferrara, insegnante di Carolina ed ex senatrice, prima firmataria della legge sulla prevenzione e sul contrasto del fenomeno del cyberbullismo, che istituisce tutele per le vittime di bullismo: prima legge in Europa sul cyberbullismo e dedicata a Carolina.
Soprattutto si sono sentiti richiamare ad un senso di responsabilità sull’utilizzo delle nuove tecnologie, verso gli altri e verso loro stessi. Pochi di loro, o forse nessuno, sanno che quello che viene postato in rete resta per sempre ed è fuori dal loro controllo, anche se lo cancellano dai loro dispositivi. I ragazzi che hanno aggredito Carolina avevano cancellato tutto dai loro cellulari, ma tutto è stato recuperato dai server durante le indagini, per loro è stato chiesto l’iter della messa alla prova in quanto minorenni. Pochi si rendono conto che le azioni compiute nella realtà virtuale hanno conseguenze pesanti nella vita reale. Sono emersi anche altri temi, il sexting, invio di immagini e video a sfondo sessuale, e la violazione della propria intimità; il revenge porn, pubblicazione di immagini intime senza il consenso della vittima; la piaga della dipendenza dal porno che trasmette un’idea falsata della sessualità come possesso e atto violento.
Il padre di Carolina ha invitato i ragazzi a provare vergogna nel caso un agente durante un incidente dovesse trovare il loro telefonino e scoprire la galleria piena di immagini porno. Tema importante messo in evidenza è la responsabilità degli adulti di fronte all’utilizzo delle nuove tecnologie, spesso sono loro i primi a fare uso di violenza su internet. Adulti che si sono trovati da grandi il mondo stravolto dalla realtà virtuale e faticano a stare dietro ai figli adolescenti, nativi digitali. Oggi cominciamo a renderci conto delle potenzialità positive ma anche distruttive del web e l’invito è stato quello di unire le competenze tecnologiche dei ragazzi con le competenze educative degli adulti. Educare, formare, trasmettere valori resta sempre una competenza e una responsabilità degli adulti, anche se il mondo corre, anche se i giovani sembrano ere avanti a noi grazie alla tecnologia.
La Fondazione Carolina segue tantissimi ragazzi vittime di bullismo, ma anche bulli che devono ritrovare la strada. Come ha messo in evidenza Elena Ferrara, circa il 50% dei bullizzati diventa bullo a sua volta in un circuito infinito che solo la responsabilità adulta può spezzare. Abbiamo creato una società dove vige la regola della competizione a qualunque costo, la legge del più forte, dove non esiste perdono e redenzione: un fallimento, un errore, una vergogna, un rifiuto diventano un tratto indelebile senza ritorno; ai ragazzi non resta che porre fine ad una vita ritenuta oltraggiata senza speranza o cercare vendetta in qualcuno considerato più debole per tornare a sentirsi forti. Questo chiama in causa noi adulti, a noi spetta non lasciare soli, restituire speranza, la capacità di provare empatia, riconoscere il valore della vita sempre, qualunque cosa accada. Per fare questo ben vengano le leggi che tutelano, ma non sono un punto di arrivo, sono un punto di partenza. La pietà non si impone per legge, si impara, si vive, si trasmette.
Belinda Bruni
(admaioramedia.it)