Nel panorama sconsolante della demografia italiana, la Sardegna è stabilmente ai primi posti per denatalità.
Un’inesorabile discesa, in solo sette anni, ci ha fatto precipitare dai 13.538 nati del 2010 ai 10.142 del 2017. Dal 2010, mediamente ogni anno abbiamo avuto 485 nascite in meno rispetto all’anno precedente.
I primi dati provvisori dei nati vivi Istat riguardanti l’anno in corso, mostrano come probabile che, nel 2018, si scenda al di sotto della soglia ‘psicologica’ dei 10.000 nati per anno. Infatti, i 3.823 nati in Sardegna nei primi cinque mesi dell’anno in corso, nello stesso periodo del 2017 erano ben 4.936. Benché il mese di aprile sia statisticamente quello con il minor numero di nascite, è evidente come la proiezione nell’arco dell’anno ci orienti, per il momento, verso una cifra intorno a 9.175 nuovi nati per il 2018. Se queste cifre non saranno controbilanciate nei restanti sette mesi dell’anno, la nostra Isola rischia di perdere, nel 2018, quasi mille neonati in un solo anno.
Per comprendere quali siano, già oggi, le conseguenze economiche sull’Isola di questo disastro demografico, è sufficiente esaminare tre situazioni tipiche di categorie professionali che traggono ragione di essere e sostentamento dalla presenza dei bambini, quali i pediatri, gli insegnanti e i commercianti del settore. In Sardegna, i pediatri di famiglia, di anno in anno, hanno visto assottigliarsi il loro bacino di utenti. I bambini nella fascia di assistenza pediatrica di base (0-14 anni), sono infatti passati dai 206.160 del 2010 ai 188.390 del 2017. Meno 9,4% in soli otto anni. Insieme ai pediatri, non dobbiamo dimenticare che questa riduzione si riflette, prima e dopo la nascita del bambino, anche su tutte le figure professionali legate alla gravidanza, all’espletamento del parto e al puerperio.
Per quanto riguarda il mondo scolastico, la Fondazione Agnelli, istituto indipendente di ricerca nelle scienze sociali particolarmente sensibile alle politiche scolastiche, il 12 aprile di quest’anno ha pubblicato il suo periodico approfondimento. Questo lavoro, dal titolo “Scuola. Orizzonte 2028”, ha evidenziato come, nei prossimi 10 anni, l’evoluzione demografica porterà a una rilevante contrazione della popolazione studentesca da 3 a 18 anni. In tutte le circoscrizioni e regioni del Paese, tale fascia di età si ridurrà da 9 a 8 milioni e comporterà la progressiva scomparsa di decine di migliaia di classi e di circa 55mila cattedre. Nel panorama nazionale, la Sardegna avrebbe di gran lunga i più alti indici di scomparsa della popolazione scolastica, con percentuali che, alla fine del decennio preso in esame sarebbero rispettivamente del -20% per la scuola dell’infanzia, – 24% per la scuola primaria, -17 e -7% rispettivamente per la scuola secondaria di primo e secondo grado. E’ prevedibile, perciò, una riduzione o chiusura di classi e/o sezioni che la Fondazione Agnelli ha elaborato nella Tabella 2. A tutto questo corrisponderà un enorme surplus di insegnanti con un blocco dell’inserimento dei più giovani di loro nel mondo del loro lavoro.
Per comprendere l’impatto di una denatalità così marcata sul mondo del consumo dedicato ai bambini, osserviamo due indicatori tipicamente italiani dei prodotti destinati a questa fascia di età: il latte fresco e il mercato dell’abbigliamento. Lo studio di Assolatte del marzo 2018 (Latte in pillole n. 3/2018), ha evidenziato come, in Italia, nell’anno 2017 ci sia stato consumo di latte fresco di -6% rispetto al 2015. Nello stesso periodo anche i latti per l’infanzia hanno segnato -8,6%. Con il segno meno anche le vendite a volume dei ‘baby food’ che, nell’ultimo triennio, sono diminuite del 5,7%, e dei pannolini, del 2,3% (Fonte: Nielsen retail measurement sales data, 2012-2014 Cagr). Sita Ricerca, un istituto italiano di ricerche specializzato nel mondo della moda, ha condotto un’indagine per Pitti Immagine Bimbo. I dati più aggiornati relativi alla moda Junior riferiti alla stagione autunno/inverno 2016-17 hanno registrato un decremento pari al -1,8% in termini di spesa corrente, mostrando un nuovo deterioramento rispetto al 2015-16 (-0,9%). Il segmento ‘bambino’ archivia una flessione pari al meno 0,5%, mentre il segmento ‘bambina’ (il 47,2% del comparto) chiude al -0,2%. Il ‘neonato’, invece, mostra una debole variazione positiva, corrispondente al +0,3%.
Lungi dal rappresentare una ‘spesa’, i figli sono invece una ‘risorsa’ per l’economia nazionale. Generano necessità di figure professionali con conseguenti posti di lavoro e consumi di primaria importanza che mettono in moto un ciclo produttivo virtuoso. In una società ‘anziana’ come la nostra sono i veri e ultimi motori di un’economia ristagnante nelle secche dell’assistenzialismo alla terza età. Non ultimo, dovranno sostenere, in pochi, l’argine sempre più debole contro il collasso del nostro sistema delle pensioni. Per questo, oggi ancor più che in passato, dovremmo guardare a ogni neonato e a ogni figlio, non solo con la tenerezza di sempre, ma come a una promessa, anche economica. Forse loro sono l’ultima possibilità di un benessere futuro non solo per noi ma per tutto il paese.
Paolo Masile (Già pediatra e neonatologo presso Azienda Brotzu di Cagliari)
(admaioramedia.it)