C’erano una volta i clandestini. Approdavano con piccoli ed incerti natanti sulle coste sud occidentali della nostra Isola, provenienti dall’Algeria, prevalentemente algerini, e quasi tutti di Annaba, città costiera di oltre 350.000 abitanti a 130 miglia nautiche a sud della Sardegna.
Arrivavano in piccoli gruppi di cinque, dieci soggetti, quasi mai superavano le venti unità. Gli immigrati venivano sistematicamente intercettati dalle nostre motovedette in mare o, a terra, dai Carabinieri della Compagnia di Carbonia o delle stazioni di Teulada e Domus de Maria che segnalavano la loro presenza alla Questura e alla Prefettura, la quale si faceva carico dell’accoglienza provvisoria.
Erano gli anni antecedenti al 2008 e in quel tempo l’inesistenza di un Centro di prima accoglienza costringeva le prefetture ad ospitare i clandestini, dopo i controlli sanitari e le necessarie procedure di identificazione, presso strutture alberghiere per un massimo di due, tre notti, per poi trasferirli e scortarli fino ai centri della Penisola con voli di linea, con velivoli privati appositamente noleggiati o con velivoli militari. Gli alberghi erano il Setar ed il Califfo ed il trattamento era quello di pensione completa. Ma i costi elevatissimi di tale situazione spinsero la Prefettura di Cagliari e il Ministero dell’Interno alla creazione di un Centro di primo soccorso ed accoglienza in Sardegna, un Centro destinato ad una accoglienza di breve periodo che venne individuato, come è noto, all’interno del sedime dell’aeroporto militare di Elmas, nella cosiddetta ‘ex palazzina avieri’.
Il Cpsa iniziava la propria attività il 31 maggio del 2008 svolgendo anche, per periodi di tempo limitati e fino al mese di aprile 2009, anche le funzioni di Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) e di Centro di identificazione e di espulsione (Cie). La struttura, della capienza complessiva di circa 300 posti, sarebbe dovuta essere destinata oltre che all’accoglienza degli immigrati, anche (su richiesta del Ministero) ad ospitare i richiedenti protezione internazionale.
Per anni gli sbarchi di clandestini sulle nostre coste sono continuati in modo assai intermittente, e per lunghi periodi il Centro di Elmas è rimasto vuoto; riaperto, di volta in volta, alla bisogna. Dopo la Primavera araba del 2011, che ha interessato diversi Stati dell’Africa mediterranea e dato luogo alla prima grande emergenza immigrazione, la gestione della stessa fu affidata alla Protezione civile regionale, ma con fondi nazionali, che organizzò l’accoglienza sulla base di un Piano nazionale che in Sardegna interessò molte strutture, anche private, come agriturismo, b&b ed alberghi. Successivamente, con la cessazione di tale regime straordinario, l’accoglienza venne ritrasferita dalla Regione allo Stato, cioè alle prefetture.
Era il 2013. Gli sbarchi di clandestini erano praticamente cessati ed il Centro di Elmas riceveva unicamente i richiedenti asilo provenienti in gran parte dalla Sicilia, tant’è che con decreto del Ministro dell’Interno, nel giugno del 2013, al Cpsa di Elmas venne aggiunta la qualifica di Centro accoglienza richiedenti asilo ed assegnate le relative funzioni.
Negli ultimi anni la figura dell’immigrato clandestino puro è andata progressivamente scemando, venendo sostituita da quella del richiedente asilo. Il richiedente asilo, a differenza del clandestino è uomo libero, non soggetto a restrizioni della libertà personale, può circolare liberamente e solo nella ipotesi in cui la sua domanda di protezione internazionale venga respinta e non gli sia concessa alcuna altra forma di assistenza, deve essere espulso ma sempre che non presenti ricorso contro il diniego, perché in questo caso conserva il diritto all’accoglienza fino alla decisione. E’ del tutto evidente che oggi a qualunque clandestino convenga presentare la richiesta di asilo alla questura, così acquistando un prolungato diritto all’accoglienza e sempre con la speranza che la Commissione profughi gli conceda lo status richiesto.
Il caos libico ha moltiplicato a dismisura il numero di immigrati che salpano alla volta dell’Italia. Le nostre navi militari li vanno a prendere fin quasi alle coste libiche e li accompagnano a Lampedusa o a Pozzallo da dove vengono poi distribuiti in tutta Italia. Il Centro di Elmas è sistematicamente pieno, così come i centri Caritas, le associazioni private, ed altri hotel che hanno firmato la convenzione con la Prefettura a 35 euro al giorno pro capite.
Difficile dire quante delle migliaia di richieste di asilo siano davvero fondate o si tratti, invece, per la maggior parte, di soggetti che scappano dalla miseria e dalla fame, alla ricerca di cibo e di un lavoro e per i quali la legge non prevede, comunque, il riconoscimento dello “status di rifugiato”. Certo è che la soluzione di questa emergenza immigrazione è legata principalmente alla stabilizzazione della Libia, senza la quale è difficile intravedere uno stop delle partenze e la fine dell’intensa attività dei trafficanti di uomini, organizzatori dei viaggi, che a 800/1000 dollari ad immigrato, stanno accumulando vere e proprie fortune.
Controverso
(admaioramedia.it)