La parrocchia dei SS. Pietro e Paolo a Cagliari fu costituita nel lontano 1967 dall’arcivescovo di Cagliari, monsignor Paolo Botto, nel quartiere, allora periferico, di Is Mirrionis, in un contesto di assoluta povertà, tanto che inizialmente i riti religiosi venivano celebrati in un magazzino. Salvo poi adattare a chiesa un capannone militare che non era in ottime condizioni, infatti nel 1996 il tetto della chiesa crollò, costringendo i fedeli, per ben sei anni, ad adattarsi a strutture mobili di fortuna.
In questo lungo periodo di tempo, si procedette non solo al rifacimento del tetto, ma anche ad una completa ristrutturazione degli interni ad opera dell’architetto Maria Lucia Floris. Il risultato fu una chiesa dove la sobrietà delle linee architettoniche, la luminosità dell’ambiente, la tonalità dell’intonaco esaltano il carattere sacro della struttura, ben lontano dallo squallore di certe chiese cosidette moderne. E’ anche opportuno aggiungere che le spese di ristrutturazione gravarono per circa 120 milioni delle vecchie lire sulla comunità dei fedeli e per 270 milioni sulla quota dei contributi dell’8 per mille. La nuova chiesa fu consacrata nel 2002 da monsignor Alberti. Ma se il rifacimento, completato nel 2002, aveva in qualche modo creato una struttura più che dignitosa per l’accoglienza dei fedeli, rimanevano da risolvere altri problemi, quali la costruzione di un oratorio, il rifacimento della pavimentazione, totalmente sconnessa, del vialetto che conduce all’ingresso della chiesa, la sistemazione dei cortili antistanti la chiesa. Tutte opere che sono in via di definizione, grazie alla tenacia del parrocco, don Chicco Locci, e allo spirito di sacrificio dei fedeli.
Però, una doccia fredda si è abbattuta sul parrocco e sui parrochiani, il cui grande sogno era quello di dotare la chiesa di una facciata degna di questo nome, visibile dalla strada di via Is Mirrionis. Niente di trascendentale: non credo esistano chiese la cui facciata non sia visibile dalla strada. Eppure, il Comune di Cagliari, investito della pratica già dal 2012, dopo vari tira e molla, lo scorso 1° settembre ha espresso parere negativo con una motivazione strabiliante: la realizzazione della facciata ” ...comporta oggettivamente un impatto negativo avulso dal contesto pubblico benché degradato o privo di qualità architettonica...” La cosa più esilarante è che il Comune dichiara ‘motu proprio’ il quartiere de Is Mirrionis “degradato o privo di qualità architettoniche”. In base a quali valutazioni e con quali atti amministrativi? Peraltro, anche l’Assessore comunale ai Lavori pubblici abita nel quartiere. Sanno gli abitanti de Is Mirrionis di vivere in un quartiere degradato? E se pure lo fosse (cosa che non è), non vi è alcuna responsabilità da parte dell’Amministrazione comunale? Peraltro, nella sua comunicazione alla Parrocchia, il Comune si guarda bene da dire come dovrebbe essere la facciata di una chiesa che si affaccia su un quartiere degradato. Dovrebbe anch’essa degradarsi? E come? Magari ‘decorandola’ con scritte blasfeme o lasciando ai lati cumuli di immondizie?
Angelo Abis
(admaioramedia.it)