Tanta nebbia, poi, finalmente, la luce: le riforme. Grande Spirito, ti prego, ridammi il buio. Il nuovo che avanza, incombe, è un terribile inganno. “Cambiamo tutto; rottamiamo il vecchio; costruiamo una nuova Italia ed una nuova Sardegna”. I miracoli, però, questi politicanti non li sanno fare; non hanno neanche la bacchetta magica, necessaria per superare imprevisti ed avversità. Si fidano di stregoni e sciamani, che hanno lavorato, per molti anni, senza ottenere i previsti ed auspicati risultati. Continuiamo, infatti, a volare ed a nuotare, senza mai arrivare alla meta in tempi brevi e con poca fatica; sacramentando e maledicendo chi sposta la riva sempre più in la. Ora, con le riforme, risolveranno tutto. A cominciare dalla semplificazione burocratico-istituzionale, studiata per rendere la vita dei cittadini sempre più agevole. Grande pensata. Lo Stato è troppo accentratore e lontano; la Regione è la vera madre dei cittadini, perché si prende cura dei diritti e dei bisogni dei Sardi, li difende, li tutela, esaudisce i loro desideri, li coccola come ogni buona madre fa. Ci sono poi i Comuni, una grande famiglia, in grado di fornire gli aiuti, i servizi, di realizzare i desideri e soddisfare i bisogni che gli abitanti di quei paradisi hanno e, con educazione, manifestano. Regione e Comuni, però, sono distanti, lontani; è necessario, quindi, un interlocutore intermedio, che porti la voce dei Comuni (dei suoi cittadini) alle lontane (ed un poco disattente) sedi regionali.
Detto fatto, la grande rivoluzione: “Aboliamo le Province e rendiamo più diretto il rapporto Comune-Regione-Stato”. Ma i compiti che aveva il vecchio ente intermedio (pensiamo alle scuole, alle strade, ai trasporti, all’ambiente, allo sviluppo economico, al coordinamento tra i diversi Comuni, a tutti gli altri compiti che Stato e Regione, con la loro ansia di semplificare, ridurre i costi, razionalizzare i servizi hanno trasferito alle province per liberarsi da spese e problemi) a chi li affidiamo? In un momento di lucidità, i politicanti, a Roma ed a Cagliari, si sono accorti che i guai in arrivo sono tanti, di difficile soluzione, ed hanno bloccato tutto, ma a metà del percorso. Così ora non sanno come uscirne.
Invece, in Sardegna, che sono molto 'furbi', hanno elaborato una grande legge: via le Province, quelle regionali e, forse, anche quelle storiche; i Comuni diventeranno Città metropolitane, con urla e proteste di quelle che non lo saranno; poi ci saranno le Città-grandi, quelle medie ed aggregate, le Unioni dei Comuni, le Associazioni delle Unioni dei Comuni, i Consorzi per i servizi comunali, i Super Comuni, ottenuti accorpando i paesi piccoli, e chi più ne ha più ne inventi. Insomma, prima c’erano le Province, che dovevano semplicemente essere ridisegnate, partendo da basi certe, più elevate, di popolazione residente e superficie territoriale, ora c’è un grande caos, i contrasti e le liti sono all’ordine del giorno, tutti vogliono fare i loro interessi, strafregandosene alla grande dei diritti dei loro vicini. Bel risultato!
Il tutto perché, secondo i cultori della nuova democrazia, i cittadini non devono scegliere sempre i loro amministratori. Scelto il sindaco (grazie per il gentile regalo), tutti gli altri amministratori pubblici sono scelti di conseguenza. Poi si vota, anche in questo caso con il maggioritario ed un ricco premio di maggioranza, per il Consiglio regionale, che sceglie anche i senatori. Con due voti, tutto è risolto, ed il padrone del partito che vince le elezioni, anche con una percentuale irrisoria, si prende tutto. Una volta si chiamava 'dittatura della minoranza', ma i tempi sono cambiati ed ora si chiama 'governabilità'. Il risultato è sempre lo stesso: le riforme servono a chi ha il potere per perpetuarlo, infischiandosene delle regole della democrazia, delle idee dei cittadini, che non sono sudditi, dei loro diritti, delle loro legittime scelte. Se fosse possibile un salto indietro, la cancellazione di questi ultimi venticinque anni, credo molti vorrebbero dimenticare questa inutile, deleteria, terribile esperienza e riprendere a parlare di futuro, di crescita democratica, di libertà individuali, di meritocrazia, di eguaglianza dei punti di partenza, di giustizia, di solidarietà. Lasciateci almeno sognare e sperare, che questo periodo buio diventi, velocemente, un ricordo, non un terribile incubo.
Cochise
(admaioramedia.it)
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