Ci riempiono di parole, di luoghi comuni, ma dicono inutili bugie. Ed i prezzi dei prodotti agricoli, scendono precipitosamente. Il grano, in piena raccolta, vale una ventina di euro al quintale; una quarantina di anni fa quotava, all’inizio della campagna, poco meno di cinquantamila lire al quintale. Vogliamo fare un raffronto, tenendo conto anche degli aumenti nei costi di produzione? Deprimente. Ma il grano si produce sempre meno perché, sui mercati mondiali, si trova prodotto abbondante, a costi contenuti e di ottima qualità. Con caratteristiche tali da renderne necessario l’utilizzo, se si vogliono ottenere prodotti di pregio, quelli che richiedono i consumatori.
Il grano sardo, storicamente, ha sempre avuto bisogno di ‘una integrazione’, perché eccessivamente ‘bianconato’, ossia carente di alcune componenti necessarie per garantire sapori, consistenze, caratteristiche nutrizionali e organolettiche. Prima, ci si rivolgeva prevalentemente al grano pugliese; da quando i mercati si sono ulteriormente aperti ed integrati, i pastai si riforniscono, prevalentemente, in Canada, negli Stati Uniti, in Argentina, in Ucraina. E le superfici coltivate sono passate dai 120mila ettari ‘tradizionali’ ai 20/30mila attuali; e sembrano destinati a diminuire ulteriormente. D’altro canto i prezzi non possono essere gonfiati artificiosamente, anche perché se accontenti i produttori, certo scontenti i consumatori, che vogliono prodotti di qualità a prezzi contenuti. La crisi, infatti, la sentono tutti sulla loro pelle.
Un cerchio senza fine. Si può puntare sui prodotti tipici, come il grano “Senatore Cappelli”, che garantisce caratteristiche particolari (spiga lunga e piena, stelo molto alto, resistente all’allegagione – non si piega facilmente, resiste al vento, ma meno alle grandinate – non particolarmente produttivo, da una farina con un gusto particolare, molto deciso), ma che ha qualche controindicazione colturale (molti suoi chicchi sono “bianchi”, perché carenti delle sostanze – minerali e sali – necessarie per dare una ‘ottima’ farina). Si possono mettere a punto nuove varietà ed il Cras, il Centro regionale agrario di sperimentazione, aveva svolto un egregio lavoro, mettendo a punto alcune varietà di grano (Creso, Karel ed altri) di ottimo livello ed assolutamente adatte ai suoli ed al clima dell’Isola. Prima che Soru lo sopprimesse trasferendolo all’Agenzia Agris.
Si deve puntare sulle produzioni a basso impatto ambientale (biologiche o integrate), si devono investire superfici più ampie di quelle singolarmente utilizzate, per poter utilizzare meglio le macchine operatici; si devono qualificare e garantire maggiormente le produzioni di alta qualità. Ma il mercato lo puoi controllare solamente se hai quantità consistenti, in grado di reggere alla concorrenza più agguerrita. Altrimenti devi rassegnarti a produrre a 20 euro al quintale, o ad utilizzare il grano come base per i sempre più necessari integratori alimentari zootecnici (mangimi per animali, in buona sostanza), Con tanti saluti alla grande storia del granaio di Roma ed alla illusione che i prodotti buoni nascano solo in Sardegna e che l’Isola rifiorirà puntando sull’agro-industria, perché l’agricoltura sarda è in coma profondo da una ventina di anni ed i medici che la stanno curando sono meno che apprendisti stregoni.
Cochise
(admaioramedia.it)
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