Meno male che “l’apparato ha funzionato in modo egregio, con grande tempestività ed ottimo coordinamento delle forze in campo”, lo hanno detto gli (le) assessori responsabili, altrimenti le fiamme sarebbero arrivate da Sedilo e dintorni a Nuoro, da Sorso a Sassari, da Guspini e Villacidro sino ad Oristano e, forse, anche a Cagliari. Ogni estate, la primavera serve per gli studi e le operazioni preparatorie, la Sardegna è costretta a subire la furia delle fiamme, appiccate per le più svariate ragioni da pochi delinquenti, che hanno la quasi certezza di farla franca.
Non è una maledizione atavica, come dicono alcuni prestigiosi cervelli, che non conoscono la realtà isolana. Sino agli anni settanta, quando si alzava un filo di fumo, sindaci e parroci, con megafoni e campane, chiamavano a raccolta le popolazioni e tutti correvano, anche armati di semplici frasche, a spegnere le fiamme, che minacciavano il territorio, l’ambiente, i beni di ‘tutti’. Esistevano, ancora, lo spirito e la solidarietà comunitaria. Poi tutto è cambiato, ed il bene comune non è stato più inteso come tale. Quindi, per fare un lavoro a favore di tutti, tutti dovevano pagare. Ed è nato ‘l’affare del fuoco’.
Un discorso crudo, che non tutti vogliono capire. Un giro di affari che ha creato molti posti di lavoro, almeno 7/10mila lavoratori temporanei precari, che però ricevono uno stipendio da aprile ad ottobre (160 giorni garantiti) – per le norme in materia di lavoro in agricoltura, vuol dire contributi previdenziali per tutto l’anno ed un sussidio di disoccupazione di circa 4.500 euro – la possibilità di tirare avanti, con qualche lavoretto in nero, per un anno intero. Poi ci sono i barracelli, splendida istituzione regionale, in origine polizia rurale ed assicurazione contro i danni pagati dagli ‘associati’, ai quali la Regione ha riconosciuto nuovi compiti ed un doveroso contributo economico. Poi ci sono i diversi appartenenti ai corpi, agli enti, alle agenzie regionali che si occupano di ambiente e territorio; i vigili del fuoco, che sono dello Stato e si dannano l’anima per sopperire alle carenze dell’apparato regionale; infine, le forze aeree, gli elicotteri ed i Canadair, alcuni pagati dalla Regione, gli altri forniti dalla Protezione civile. Un esercito, grosso modo, che schiera forse ventimila uomini, migliaia di mezzi, che costa, più o meno, centocinquanta milioni di euro e perde regolarmente la guerra con quei delinquenti che vogliono ridurre l’Isola in cenere.
Almeno il novanta per cento degli incendi è di origine dolosa. Gli investigatori, dopo lunghe ed attente indagini, riescono a pescare una decina di persone col cerino in mano o con prove inoppugnabili di colpevolezza. La magistratura, ordinariamente, condanna, poi, data l’entità della pena rimette tutti in libertà. E nessuno paga i danni. Le fiamme vengono appiccate per vendetta; per danneggiare un ‘nemico’; per impedire il pascolo, la caccia, la realizzazione di qualche casa o lottizzazione di qualcuno che non ci va a genio (anche se poi nessuno fa rispettare le norme restrittive in materia ambientale); per far chiedere sempre nuovi interventi. Se poi ci si aggiunge il dramma sociale ed economico delle popolazioni colpite dagli incendi, con la conseguente promessa dei politici regionale di “interventi risarcitori, se possibili e necessari”, il gioco è fatto. Le fiamme continueranno a distruggere boschi e campi coltivati, l’industria del fuoco diventerà sempre più redditizia per alcuni ed impoverirà, sempre di più, la nostra regione.
La lotta agli incendi deve essere una scelta civile e culturale. Se si vede un filo di fumo, tutti devono correre a spegnere le fiamme, come succede nelle comunità civili. Piccole fiamme, piccolo impegno; grandi fiamme, tutti col naso all’insù per vedere cosa fanno i mezzi aerei. In ogni caso è sempre colpa degli altri, che sono arrivati tardi o che non sono stati in grado di spegnere tutto al primo passaggio. Siamo seri. Siamo governati da degli incapaci; siamo amministrati da incompetenti, presuntuosi ed arroganti; conflitti e personalismi impediscono ogni possibile collaborazione. In attesa che il Padre Eterno decida di porre fine a questa incresciosa situazione, armiamo di coraggio e, col senso civico di una volta, prendiamo per il collo quelli che mettono fuoco (tanto, nei paesi, tutti conoscono benissimo chi gioca con i fiammiferi) ed andiamo a spegnere le fiamme, sperando che i ‘regionali’ efficienti e buoni, fortunatamente ce ne sono, arrivino in tempo a darci una mano.
Cochise
(admaioramedia.it)
12 Comments
webnauta59
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webnauta59
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PCFonteno
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FaberSardo
L’analisi di un commentatore di Ad Maiora Media.
“Il grande affare degli incendi estivi in Sardegna” https://t.co/4JLE3U9msg
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Marco Luigi Carzedda
Ogni tanto spunta la verità.
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Vittoriano Guala
Non e’ vero che in passato la gente volontariamente correva ha spegnere le fiamme. Dipendeva da cosa bruciava.
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