La peggiore Giunta regionale della storia dell’Autonomia sta, finalmente, per esaurire il suo mandato, ma continua a fare danni, mettendo le mani in tutti i settori economici sardi.
Nel campo delle produzioni energetiche ha sempre mostrato poche idee, ma confuse. Dopo vivaci contrasti con l’Enel per il controllo dei bacini e delle centrali idroelettriche del Taloro, Coghinas e Flumendosa, dopo un faticoso accordo, l’Esecutivo ha ‘regionalizzato’ gli impianti Enel trasferendoli all’Enas (Ente acque della Sardegna), voluto dal prode Soru per gestire e controllare tutti i bacini artificiali dell’isola. Il vecchio Ente Flumendosa, esauriti i suoi compiti, sarebbe dovuto essere liquidato. Ma il duce di Seddori, nel suo piano di rivoluzionario cambiamento della realtà sarda, prevedeva il controllo di tutti i fattori produttivi e l’acqua e l’energia elettrica, da fonti rinnovabili, sono la base sulla quale si deve costruire ogni ipotesi di futuro, sviluppo economico compreso. Cosi l’Enas, poetico nome che evoca le sorgenti dell’acqua e della vita, opportunamente fornito di tecnici, tutti ottimi tanto che hanno tutti un cospicuo superminimo per la loro “alta professionalità”, ha ricevuto una dotazione di molti milioni ed il gravoso compito di controllare e gestire tutti i bacini idrici sardi.
E nessuna protesta, è severamente vietato, se l’acqua troppo spesso finisce in mare o se le dighe contengono meno di quanto potrebbero, “lo impongono le norme, noi non possiamo ignorare le regole”. Ma, collaudare gradualmente le dighe controllate non sarebbe possibile ed opportuno? Meglio non correre rischi e non decidere nulla. Così i tre impianti dell’Enel, ma bisogna attendere le reazioni dell’ente elettrico, sono destinati ad un progressivo depauperamento e, certamente, non arriveranno più i fondi destinati alla manutenzione delle tre centrali (una decina di milioni per il 2019) e quelli destinati al personale impiegato per il ciclo produttivo e le manutenzioni, un centinaio di persone. I sindacati sono preoccupati per questa improvvida decisione, ma si soffermano sugli aspetti delle manutenzioni e della salvaguardia dei posti di lavoro.
Esiste, però, anche il problema dei tributi che l’ente elettrico versava ai Comuni nei quali sorgono gli impianti, circa 4 milioni di euro l’anno, ed il rischio che diminuiscano drasticamente le produzioni di energia elettrica da fonti rinnovabili, l’unica che può garantire la riduzione dell’effetto serra ed il miglioramento della situazione ambientale. Ma tant’è, in Sardegna si parla di energia pulita, ma si continua a bruciare carbone, si invocano nuove tecnologie, ma il fotovoltaico, il termodinamico e l’eolico sono fortemente, irrazionalmente, osteggiati. Senza energia a basso costo, però, si torna ai nuraghi ed alle caverne, ad una preoccupante povertà. “…sed libera nos a Pigliaru. Amen”.
Cochise
(admaioramedia.it)