Sono trascorsi 12 anni dall’approvazione della legge sarda sul cinema, che aveva portato grandi aspettative tra gli operatori del settore. Secondo i Riformatori il testo è ormai inadeguato e superato da nuove disposizioni nazionali ed europee, perciò è opportuna una sua riforma ed hanno chiesto agli alleati del centrodestra di inserirla nel programma.
“Serve una nuova legge moderna e funzionale al raggiungimento degli obiettivi – ha sottolineato il consigliere regionale Michele Cossa – Sostenere i talenti sardi nella realizzazione di prodotti cinematografici in grado di raggiungere il mercato globale e attrarre nell’Isola le grandi produzioni nazionali e internazionali”. “Serve uno strumento che garantisca trasparenza nell’assegnazione dei contributi e valorizzi l’immagine nella Sardegna nel mondo – ha aggiunto Pierpaolo Vargiu – Produzioni come l’Isola di San Pietro con Gianni Morandi, per citarne una, hanno favorito un aumento di flussi turistici verso Carloforte”.
Per formulare la proposta, i Riformatori si sono avvalsi del contributo dell’associazione Cinemecum: “Finalmente la politica prende coscienza dell’importanza del cinema per lo sviluppo del territorio – ha detto Enrica Anedda – La legge regionale è nata male ed è stata attuata solo in parte. Il problema è la gestione discrezionale da parte dell’Assessorato. Occorre ridare un ruolo centrale alla Film Commission che deve fare da regia per tutto il sistema. Bisogna stabilire criteri equi e trasparenti per la concessione dei contributi. Per questo deve essere rafforzato il ruolo della Commission, arricchendola di competenze e dotandola di un codice etico. Finora è mancata una verifica sul risultato ottenuto dai progetti finanziati e non possiamo sapere quante persone hanno visto i film o quale sia stato l’indotto economico e turistico. La nuova legge dovrà guardare, prima di tutto, alla fattibilità e alla visibilità dei film”.
Critico anche il produttore Andrea Di Blasio: “In Sardegna prevale il criterio delle produzioni identitarie che, nei bandi pubblici, pesa per il 45%, una percentuale esagerata. La Sardegna deve cambiare rotta e guardare a ciò che succede in altre realtà dove invece si premia la capacità di creare sviluppo e promozione territoriale. Il cinema deve essere un’industria sostenibile e non sostenuta. Occorre prevedere una programmazione con tempi più lunghi: la realizzazione di un film ha bisogno di almeno tre anni e non può essere legata alla presenza di un capitolo specifico nella legge finanziaria”.
Tra gli obiettivi della proposta dei Riformatori, la creazione di un tavolo di lavoro tra gli operatori sardi per concertare le linee guida della nuova legge e di una nuova organizzazione del settore; la modifica dello statuto e del ruolo della Fondazione Film Commission, che deve diventare la guida di tutti le azioni regionali nel settore; i bandi con cadenza semestrale per le produzioni e triennale per le altre attività, gestiti interamente dalla Fondazione; l’adeguamento agli obiettivi culturali, economici e di marketing del prodotto e dei criteri di valutazione dell’intervento regionale; la creazione di un organo indipendente di valutazione, che misuri periodicamente la coerenza tra le risorse investite, lo spirito della legge e la realizzazione dei suoi obiettivi di mercato e industriali; la predisposizione di un codice etico (come nella Regione Puglia) che eviti qualsiasi opacità e/o conflitto di interesse tra gli organi della Film Commission e i fruitori dei benefici della legge sul cinema. (red)
(admaioramedia.it)