Mentre il suo Cagliari scivolava pesantemente a Palermo, ieri, Massimo Cellino è stato protagonista su Rai Tre nel programma “Vacanze a Miami, storie di italiani in Florida”, intervistato da Andrea Salvadore ed Emilia Brandi.
«Da giovane volevo fare la rock star, l’attore, il pilota d’aereo ma mi sono trovato a 18 anni a vendere farina nei panifici della Sardegna. Se non fai quello che ami, ama quello che fai, mi disse mio padre. Io non amo il calcio – ha raccontato l’ex Presidente dei rossoblù – Ma dopo la morte di mio padre la squadra che ci aveva fatto perdere tanti soldi, non poteva più continuare ad essere un hobby ed ho deciso di farla diventare un’azienda produttiva che ci potesse dare da vivere. Le società di calcio sono a fini di lucro ed è dovere di un imprenditore portarle in utile. Le società italiane per il 90% sono bocciate. E’ da ritardati mentali sbagliare i conti.»
Poi, una confessione: «Oggi ho quasi paura che mi arrestino quando vado a Cagliari, a casa mia. Non sono uno coinvolto politicamente, non appartengo a nessuna lobby, non sono massone, non sono dell’Opus Dei, mio padre era liberale, i miei migliori amici erano comunisti, persone che credevano in ideali, difendevano i diritti dei lavoratori. Io ho avuto 700 dipendenti in Italia e molti votavano a sinistra per difendere diritti che erano loro preclusi. Diritti di sopravvivenza. Quelli erano i comunisti che stimavo, con cui mi confrontavo. Oggi essere comunista a 30mila euro al mese, associando sinistra a destra per mantenere il posto… Io ero in prigione quando c’e’ stato l’avvento di Renzi e Grillo per cui ho tifato perché vedevo in loro una ventata di novità. In Grillo ho visto il voto degli italiani che non ce la facevano più. Una reazione composta, politica, popolare è stata distrutta. Ho visto Bersani in streaming dire delle cose grottesche…»
«Sono stato incolpato in concorso esterno in tentato peculato – ha aggiunto Cellino – Confesso il mio limite culturale, non sapevo cosa volesse dire… Forse ho pagato qualcosa di ingiusto che ho fatto nella mia vita nei confronti di qualcuno, qualche licenziamento, sa la nostra posizione molte volte… guardiamo i numeri, i bilanci e pensiamo che licenziare dieci persone sia un bene per l’azienda e non ci rendiamo conto delle tragedie familiari che creiamo perché lo ignoriamo… e molte volte facciamo scelte che di umano hanno poco e di cui ci rendiamo conto nella nostra vecchiaia, per quattro soldi… allora ho pensato che Dio mi ha fatto pagare quello che ho fatto con superficialità e mi merito quello che sta accadendo. Non sono un felice benestante italiano a Miami.»
«Da giovane volevo fare la rock star, l’attore, il pilota d’aereo ma mi sono trovato a 18 anni a vendere farina nei panifici della Sardegna. Se non fai quello che ami, ama quello che fai, mi disse mio padre. Io non amo il calcio – ha raccontato l’ex Presidente dei rossoblù – Ma dopo la morte di mio padre la squadra che ci aveva fatto perdere tanti soldi, non poteva più continuare ad essere un hobby ed ho deciso di farla diventare un’azienda produttiva che ci potesse dare da vivere. Le società di calcio sono a fini di lucro ed è dovere di un imprenditore portarle in utile. Le società italiane per il 90% sono bocciate. E’ da ritardati mentali sbagliare i conti.»
Poi, una confessione: «Oggi ho quasi paura che mi arrestino quando vado a Cagliari, a casa mia. Non sono uno coinvolto politicamente, non appartengo a nessuna lobby, non sono massone, non sono dell’Opus Dei, mio padre era liberale, i miei migliori amici erano comunisti, persone che credevano in ideali, difendevano i diritti dei lavoratori. Io ho avuto 700 dipendenti in Italia e molti votavano a sinistra per difendere diritti che erano loro preclusi. Diritti di sopravvivenza. Quelli erano i comunisti che stimavo, con cui mi confrontavo. Oggi essere comunista a 30mila euro al mese, associando sinistra a destra per mantenere il posto… Io ero in prigione quando c’e’ stato l’avvento di Renzi e Grillo per cui ho tifato perché vedevo in loro una ventata di novità. In Grillo ho visto il voto degli italiani che non ce la facevano più. Una reazione composta, politica, popolare è stata distrutta. Ho visto Bersani in streaming dire delle cose grottesche…»
«Sono stato incolpato in concorso esterno in tentato peculato – ha aggiunto Cellino – Confesso il mio limite culturale, non sapevo cosa volesse dire… Forse ho pagato qualcosa di ingiusto che ho fatto nella mia vita nei confronti di qualcuno, qualche licenziamento, sa la nostra posizione molte volte… guardiamo i numeri, i bilanci e pensiamo che licenziare dieci persone sia un bene per l’azienda e non ci rendiamo conto delle tragedie familiari che creiamo perché lo ignoriamo… e molte volte facciamo scelte che di umano hanno poco e di cui ci rendiamo conto nella nostra vecchiaia, per quattro soldi… allora ho pensato che Dio mi ha fatto pagare quello che ho fatto con superficialità e mi merito quello che sta accadendo. Non sono un felice benestante italiano a Miami.»
(dal sito www.americanatvblog.com)
(admaioramedia.it)