Caro futuro Presidente della Regione Sardegna, Le scrivo di getto, alle 6 del mattino, seduta davanti ad un caffè con gli occhi pieni di lacrime. Non so se mi pentirò un giorno, ma voglio proprio farle sapere quello che prova una madre quando il proprio figlio si accinge a lasciare la sua terra per andare a lavorare in Continente.
Certo, ho scritto altre volte di questi distacchi, ma confesso col tempo che passa e con l’età che avanza divento sempre più insofferente. Quindi, anche se ancora non conosco il suo nome, voglio investirla di una grande responsabilità, quella di lavorare per riportare a casa i nostri figli.
Caro Presidente, innanzitutto vorrei che nessuno una volta eletto parlasse di ‘ripopolare’ l’Isola, le sue campagne e le sue coste, se non avesse prima lavorato per ripopolare le nostre famiglie. Che nessuno parlasse di continuità territoriale se non avesse prima incentivato le rotte e se non capisse che il cambio di residenza comporta aumenti di costi tali da rendere sempre più difficile ogni rientro. Spero anche che a nessuno venga in mente di parlare di culle vuote, se prima non avesse lavorato per creare le condizioni per mettere su famiglia.
Intanto, l’ora del distacco è arrivata, quella giovane parte di me con lo zaino in spalla, mi saluta dalla macchina ormai in movimento mentre il mio ventre si contrae dolorosamente ancora una volta per quel distacco che ritengo innaturale. E mentre le mie lacrime sgorgano al pensiero del tempo che trascorrerà prima del suo ritorno, guardo quella piccola bandierina con i quattro mori sempre legata alla sua borsa e che ancora una volta le farà compagnia mentre attraverserà il mare.
Caro Presidente che verrà, faccia in modo che il mio voto sia anche un desiderio di rinascita e di speranza per la terra che amiamo, la più bella tra tutte, la terra che vorremmo lasciare ai nostri figli.
Biancamaria Balata
(admaioramedia.it)