Un ritorno alla vecchia politica del bilancino e degli accordi sotterranei, il solito costume di una partitocrazia che non vuole saperne di morire o puro e semplice timore della libertà di scelta dei cittadini? Quale che sia il punto di vista di ognuno, in questi residui di tregua che precedono la corsa per la poltrona di primo cittadino del Capoluogo della Sardegna, tra le fila del centrodestra è conflitto aperto sui criteri da adottare per individuare il prossimo candidato sindaco.Conflitti in cui sembrano pesare le vecchie logiche di un tempo che non vuole tramontare mai, ancora ora imbrigliato nei desideri dei tanti vecchi e nuovi papaveri che vorrebbero ancora decidere ogni cosa come sempre si è fatto a queste latitudini: in silenzio e in pochissimi, lontano dall’ingombro che sono i cittadini e la loro pretesa di scegliere da chi essere rappresentati nell’ambito del proprio schieramento di appartenenza.
Così in questi giorni di rinnovata euforia, trascinati dall’onda lunga del trionfo elettorale di Christian Solinas alle Regionali, proprio mentre si fa sempre più vicino l’insediamento della nuova giunta di centrodestra, in tanti tra le fila del campo conservatore isolano manifestano opinioni diametralmente opposte su chi scegliere per la corsa alla carica di sindaco di Cagliari, ma soprattutto sul ‘come’ sceglierlo. Dopo i duri anni di opposizione a una giunta forte come quella di Massimo Zedda, adesso che un cambio di registro nella politica cagliaritana sembra davvero a portata di mano, spiace constatare quanto sia un’impresa improba sradicare i vecchi vizi e i riti della politica da un presente che nel resto del pianeta corre a velocità supersonica senza sconti per i tentennamenti, le titubanze e i ritardi di nessuno. L’impressione è che al momento non sia affatto maggioritario il fronte di chi, tra partiti e movimenti cittadini, è a favore di una soluzione ‘democratica’ della controversia, visto che i sostenitori delle primarie di coalizione sono al momento in minoranza, indeboliti per di più da quanti premono per una soluzione ‘dall’alto’ in considerazione dei tempi tutto sommato ristretti dell’apertura della campagna. Alcuni si affannano a dare la propria disponibilità a una candidatura di cui si dicono onorati, ma poi si affrettano a vincolare il proprio benestare a una condivisione unanime di tutto il fronte dell’alleanza: una possibilità al momento assai remota visti i tanti favoriti ancora in lizza.
Voci, al momento sparute, fanno trapelare una massa di proposte ragionevoli come la convocazione di assemblee degli iscritti a partiti e movimenti civici d’area, sebbene quella delle primarie di coalizione sembri in assoluto la più logica e sensata delle opzioni possibili: una scelta che consentirebbe ai cittadini di valutare i candidati sulla base di proposte concrete per il rilancio della città, programmi chiari con punti definiti verificabili nel dettaglio e curricula pubblici a disposizione del vaglio popolare. Questo è quello che ci si augura in un contesto democratico evoluto, ma con tutta evidenza non è ciò che la classe politica cagliaritana desidera in modo unanime, non perlomeno a leggere le dichiarazioni di quei big che insistono sulla tempistica stringente del voto a maggio e la necessità di convocare un tavolo ristretto a pochi illuminati con cui decidere il nome del ‘cavallo’ giusto e, si spera, vincente. Un argomento, quello dei tempi stretti, che pure agli oltranzisti più irriducibili sembra quantomeno pretestuoso. Di certo non giovano a sgombrare il campo dall’attuale velo di indeterminatezza le tante parole ambigue, i tanti distinguo, il solito lessico astruso di chi nel centrodestra isolano ancora ritiene di non dover esprimere una parola definitiva sulla questione. Eppure, a conti fatti, la si veda in un senso o nell’altro, si tratta di pronunciare soltanto le fatidiche due lettere: sì o no.
Nicola Silenti
(sardegna.admaioramedia.it)