L’esultanza irridente dell’attaccante della Juventus Moise Kean, dopo aver segnato lo 0-2 contro il Cagliari, ha scatenato un polverone mediatico e non. Razzismo? Goliardia? Oppure solo un episodio ingigantito…
I fatti. Al minuto 87 di Cagliari-Juventus, Bentancur mette a centro area un pallone basso dalla destra. Lì è appostato il compagno Moise Kean, uno dei giovani più interessanti del nostro calcio, che elude Srna e Cragno firmando lo 0-2. Partita chiusa, anche se forse i padroni di casa non avevano mai tentato davvero di riaprirla. In questo preciso momento abbandoniamo l’aspetto agonistico della storia e fissiamoci su Kean. Il diciannovenne attaccante juventino, invece di cercare i compagni o lasciarsi andare a un’esultanza istintiva, si ferma. Guarda dritto negli occhi la curva Nord della Sardegna Arena, il settore più caldo della tifoseria cagliaritana. E mentre li fissa con aria di sfida, allarga leggermente le braccia. La Nord non ci sta, come è logico che accadesse. La folla inferocita si incendia in un istante, piove in campo tutto ciò che è possibile lanciare. Tra cui una bottiglietta d’acqua, che poi finisce in testa al malcapitato capitano rossoblu Ceppitelli. I giocatori del Cagliari non gliela mandano a dire a Kean, censurandone il gesto. Stessa cosa fa Leonardo Bonucci, totem juventino ed azzurro, che lo va letteralmente a spingere via da lì. Il ragazzo ha esagerato, avrebbe potuto risparmiarsela. Un gesto così è automatico che susciti reazioni immediate, in uno stadio che non è certo quello di Torino. Kean ha sfidato i tifosi avversari, a casa loro.
Reazioni. Una goliardata, senza dubbio, messa in atto da un ragazzo molto giovane alle prime esperienze importanti nel calcio. Dal momento del fattaccio, si sono levati dagli spalti sonori fischi ogni qualvolta la Juventus toccava palla. Figuriamoci Kean. C’è chi sostiene che siano partiti dei “buu” razzisti per lui e i compagni dalla pelle nera Matuidi e Alex Sandro. Un episodio che rimanda indietro di un paio di anni. Durante il campionato 2016-17, il ghanese del Pescara Muntari fu al centro di una polemica per presunti cori razzisti che portarono per la prima volta Cagliari sotto i riflettori per episodi simili. Qualche imbecille c’è sempre, in ogni tifoseria. Ma non si può fare di tutta l’erba un fascio, dipingendo quella cagliaritana come una piazza legata ora a un’etichetta scomoda. Da censurare, nel caso venissero accertate – perché sicuramente partiranno delle indagini da parte della Procura Federale – le malefatte di pochi contro i giocatori juventini. Se così fosse, ci sarebbe un concorso di colpa tra provocatore (Kean) e provocati (i tifosi della curva Nord). Una pagina ad ogni modo antipatica.
“Buu“. E poi, se proprio dobbiamo dirlo, perché automaticamente un “buu” vuol dire attacco razzista? Da cronista ed osservatore calcistico di lunga data, so bene come vadano certe cose. I boati all’indirizzo degli avversari, da parte dei tifosi di casa, sono sempre esistiti. Quando un avversario danneggia un giocatore di casa, ha una reazione antipatica, ci sono stati episodi particolari in passato, rivalità, ecc. Si cerca di intimidire, senza voler fare del male. Almeno nella maggior parte dei casi. E poi tutto finisce lì. In Italia tantissimi comportamenti e regole sono da censurare, correggere, punire. Nel dopo gara il presidente del Cagliari Tommaso Giulini ha risposto a muso duro alle critiche Sky, difendendo a spada tratta il pubblico cagliaritano provocato dal monello Kean. Cagliari non è una piazza razzista, non deve e non può passare questo segnale. Ciò che dovrebbe passare invece, sarebbe l’allontanamento definitivo dagli stadi per chi si macchia di certi episodi che non hanno nulla a che vedere con la convivenza civile. Dicevo, so bene come vanno certe cose. Nonostante ci siano i mezzi per poter agire, non cambierà nulla. Però, caro Moise Kean, non fare la vittima su Instagram. Sono sicuro che una buona fetta di responsabilità nella vicenda, ce l’abbia anche tu.
Fabio Ornano
(admaioramedia.it)