Oscar Washington Tabarez, allenatore che nell’era Cellino allenò in due periodi il Cagliari, oggi compie 70 anni: un autentico maestro di calcio e, soprattutto, un signore con la S maiuscola. Il popolo rossoblu lo ricorda con grande affetto e rispetto, oggi ancor di più per la sua voglia di continuare l’attività nonostante la malattia.
Il Maestro. Nato a Montevideo (Uruguay) il 3 marzo 1947, gioca in alcuni club della sua città natale come difensore centrale prima di chiudere con l’agonismo in Messico. Laureato in Magistero all’Università della capitale, ha svolto per diversi anni la professione di insegnante nella scuola primaria: per questo motivo e per le sue qualità di allenatore, viene affettuosamente chiamato “Maestro”. La carriera di tecnico inizia nel settore giovanile del Bella Vista, lavora brevemente per la federazione e vince i Giochi Panamericani 1983 con l’Under 20 per poi prendere gradualmente quota: sale agli onori delle cronache guidando il Peñarol al trionfo nella Coppa Libertadores 1987. Viene chiamato per la prima volta sulla panchina della Nazionale maggiore nel 1988, arrivando al 2° posto nella Copa América 1989 e qualificandosi per Italia ’90, dove esce per mano degli azzurri agli ottavi.
Gli uruguaiani rossoblu. Alcune delle colonne di quell’Uruguay vennero adocchiate dal Cagliari. José Herrera e Daniel Fonseca furono portati nella Celeste proprio da Tabarez, si misero in luce al Mondiale italiano e così arrivarono in Sardegna insieme al fuoriclasse affermato Enzo Francescoli. Il trio contribuì per alcune stagioni alle fortune rossoblu, segnando quegli anni di rinascita del club dopo il declino di fine anni Ottanta. Al tecnico va dato l’indubbio merito di aver trasformato in quel periodo l’immagine dell’Uruguay, che passò da squadra rude e nervosa a collettivo in grado di raggiungere i risultati attraverso un gioco gradevole.
L’era Cellino. Dopo aver lasciato la Nazionale, Tabarez ottiene ottimi riscontri con il Boca Juniors in Argentina, vincendo il Campionato Apertura 1992. Torna brevemente al Peñarol e poi attira l’attenzione di Massimo Cellino, presidente del Cagliari: è l’estate 1994. I sardi sono reduci dalla cavalcata in Coppa Uefa terminata in semifinale, si respira ancora un’atmosfera ambiziosa e l’ossatura non è cambiata. L’allenatore sudamericano vince la prima partita alla 4ª giornata contro il Brescia, poi completa un girone d’andata dal rendimento altalenante: male in trasferta, con il brutto 5-0 subìto a Marassi con la Samp. Ma anche il 3-0 inflitto alla Juventus (poi campione d’Italia) al giro di boa. Il Cagliari sembra poter raggiungere di nuovo l’Europa ma perde diversi punti al Sant’Elia e chiude al 9° posto. L’uruguaiano conclude così l’esperienza sull’Isola, lasciando in tutti i segni distintivi del suo carattere: educazione, compostezza e passione per il suo lavoro. Quella parlata a bocca quasi chiusa ed il suo mix di italiano e spagnolo sono altre caratteristiche che non si scordano. Cellino lo richiama a Cagliari per la stagione 1999-2000, ma dopo 3 sconfitte ed il pari casalingo con il Venezia Tabarez viene esonerato. Ma le cose tra il “Maestro” ed il presidente Cellino finiscono male per ragioni principalmente economiche. Per la cronaca, con Ulivieri non vanno meglio: i rossoblu retrocedono con la miseria di 22 punti ed il record negativo di appena 3 vittorie stagionali.
Il regno Celeste. Nel 2006 viene richiamato dall’Uruguay e torna in Nazionale. Conquista il 4° posto ai Mondiali di Sudafrica 2010 e vince la Copa América 2011, partecipando anche a Brasile 2014. Insieme al tedesco Löw è il selezionatore da più tempo in carica. Oscar non molla, nonostante il fisico abbia cominciato a fare i capricci. Nel luglio 2016 gli viene diagnosticata la sindrome di Guillain-Barré (la stessa che colpì il giocatore rossoblu Fabio Pisacane), poi smentita: Tabarez è affetto da una neuropatia di genere diverso, che lo costringe a muoversi con l’ausilio delle stampelle e di una carrozzina motorizzata: anche sul campo, perché non ha intenzione di ritirarsi e lasciare l’incarico. Nel mirino c’è la qualificazione a Russia 2018, un obiettivo troppo importante per l’intero Paese. E Oscar lo sa.
“Resterò alla guida della Nazionale finché le forze me lo permetteranno e finché i giocatori mi seguiranno“.
Buon compleanno, Maestro.
Fabio Ornano
(admaioramedia.it)