Fiducia, sì, ma il tempo è quasi scaduto. Per Gianfranco Zola è arrivato il momento della verità: se il Cagliari non dovesse battere il Verona nell’incontro in programma domenica al Sant’Elia (inizio alle 12.30), la sua avventura in rossoblù arriverà al capolinea. La società lo difende dalle critiche, almeno ufficialmente, però la comparazione tra la classifica sotto la guida di Zola e quella sotto il comando di Zeman mostra un dato sconfortante: non è stato trovato il cambio di passo tanto atteso. Il dramma è che non soltanto per Zola è giunto il fatidico momento della verità: se il Cagliari non batterà i veneti, può dire addio alla serie A. La matematica non condannerebbe definitivamente i rossoblù, ma la logica sì. Perché sarebbe difficile capire dove potrebbe trovare i punti salvezza una squadra che sinora ha perso troppe sfide (alcune dirette, su tutte quella con l’Atalanta) di fronte ai suoi tifosi.
Siamo convinti che pure Zola abbia delle colpe su questa crisi di risultati. Perché se è vero che non si possono attribuire al tecnico di Oliena gli errori (spesso clamorosi) sotto porta e gli svarioni in difesa, sono invece tutte dell’allenatore le responsabilità delle scelte tecnico-tattiche. Cominciamo dall’idea fissa di affidarsi alla vecchia guardia, a cominciare da Conti e Cossu (ma ci infiliamo anche Pisano, acciaccato più di tutti). Ebbene, ci sembra che le risposte dei due veterani siano mancate del tutto, e le aspettative di Zola siano andate inattese: uno è mancato sul piano del dinamismo (ormai non gli si può chiedere di più, non è un ventenne), l’altro sotto il profilo della concretezza negli ultimi trenta metri. Mettiamoci poi il fatto che, per fare posto al capitano, è stato sacrificato uno come Crisetig che stava giocando bene, e il quadro appare ancor più deludente. Comprendiamo quanto possa incidere il rapporto di amicizia di Zola nei confronti dei suoi ex compagni, tuttavia bisogna essere estremamente pragmatici di fronte alla classifica attuale: quando Zola è arrivato, il Cagliari era terzultimo; e oggi si ritrova esattamente allo stesso posto, ma con meno partite da giocare. Insomma, non può e non deve guardare in faccia a nessuno.
Zola ha avuto il merito di dare fiducia a Donsah (ormai insostituibile a centrocampo) ma sbaglia ad insistere su Joao Pedro. Dessena è andato (quasi) sempre bene nel ruolo di difensore laterale, però forse è più utile a centrocampo, con Gonzalez in copertura al posto di Pisano (un altro che ormai non convince più). In attacco, poi, Cop ha fatto l’entrata da leone ma poi si è smarrito: per lui, come per Joao Pedro e qualche altro rossoblù, pesa la mancanza di un carattere da gladiatore, cioè quello che occorre per tirarsi fuori dalle acque melmose della bassa classifica. Molto meglio Longo, anche se è andato a segno per la prima volta in campionato contro l’Inter. E proprio al giovanotto giunto in prestito dovrebbe spettare il compito di guidare l’attacco contro il Verona, visto che Sau non è in grande spolvero.
Viene poi da domandarsi come mai siano stati acquistati (presentandoli quasi come i salvatori della patria) due giocatori come Diakitè e Husbauer, se poi vengono tenuti in tribuna o in panchina perché considerati “non ancora pronti per il campionato italiano o comunque in ritardo di condizione”. Ma questo è un altro discorso.
Domenica servirà il sostegno del pubblico, ma bisogna meritarlo. I rossoblù devono giocare dal primo minuto con il fervore agonistico mostrato nel secondo tempo della gara interna con l’Inter. Nessuna squadra, soprattutto se impelagata nella zona retrocessione, può permettersi il lusso di regalare un tempo agli avversari, per poi magari ritrovarsi a inseguire. Come sta facendo il Cagliari da un po’ di tempo a questa parte. Non è più il momento delle frasi di circostanza e del finto ottimismo: o la va o la spacca. Di questo Zola dovrà tenere conto nella scelta degli undici iniziali.
Arrogutottu
(admaioramedia.it)