Il nuovo difensore del Cagliari, Leandro Castán, è stato presentato ufficialmente alla stampa questo pomeriggio alla Sardegna Arena. Il giocatore brasiliano non vede l’ora di potersi rendere utile, per sentirsi nuovamente importante dopo gli ultimi tribolati anni.
Castán entra nella sala stampa dello stadio rossoblu qualche minuto dopo le 17.45, indossando la divisa sociale e accomodandosi alla scrivania accompagnato dal Responsabile della comunicazione del club, Alessandro Steri. Sembra leggermente teso, non palesa la gioia perenne e immediata di tanti suoi connazionali. Forse sa che in cuor suo questa è un’occasione importante, un treno su cui saltare in corsa per restare aggrappato alla carriera. Non sono stati anni semplici, gli ultimi: nel 2014 in poco tempo è passato dai vertici delle classifiche di rendimento allo stop forzato. Iniziò ad avvertire labirintite e otite, la diagnosi recitò “cavernoma” circa due mesi dopo i primi sintomi. L’operazione chirurgica al cervello, il periodo ai box e quel tocco magico un po’ svanito. Ha cercato di ritornare sui livelli consueti, ma senza riuscirci passando anche per la scorsa stagione nel Torino. Il suo accento portoghese è inconfondibile, i capelli corti quasi disegnati e separati da una riga.
Impatto. “Il mio primo contatto con il Cagliari risale a una settimana fa, dopo due-tre giorni ha preso forma il trasferimento. Quando mi hanno chiamato, ho parlato con il mio ex compagno al Torino Danilo Avelar, che ha giocato qui: si è espresso benissimo su Cagliari. Così come Nainggolan, si è detto certo che mi sarei trovato a mio agio. Dalle prime sensazioni, sento di essere arrivato nel posto giusto. Il primo giorno è andato alla grande, ho scoperto uno spogliatoio con tanti bravi ragazzi. Ho già parlato per telefono con gli altri brasiliani della squadra, la loro presenza è un elemento in più che fa davvero piacere. Il Cagliari è una società ambiziosa, si vede già da questo stadio“.
Il campo. “Sono un difensore mancino, preferisco giocare sul lato sinistro ma anche da centrale non ho difficoltà. Voglio dimostrare il mio valore, anche se ultimamente ho giocato poco. Le mie vicissitudini rappresentano uno stimolo che urla dentro di me, perché ho grande voglia di fare bene. Il campo mi manca e mi vengono i brividi se penso al passato. A Torino i primi sei mesi erano stati molto buoni, dall’iniziale prestito sembrava avessero l’intenzione di acquistarmi. Poi mi sono infortunato e ho capito che la società voleva puntare su altri giocatori. Al rientro a Roma mi sono allenato tanto, i test atletici sono stati positivi. Si è trattato di un anno difficile anche per i miei figli, che non capivano come mai non giocassi e mi chiedevano spiegazioni. Sono pronto per giocare, a completa disposizione del Mister: è vero che mi manca il ritmo gara, ma se lui lo reputa opportuno posso scendere in campo per 10 come per 90 minuti. Di López me ne hanno parlato egregiamente, spero di aiutarlo. Posso giocare sia con la difesa a tre o a quattro, non importa il modulo. La classifica? Ho visto alcune partite del Cagliari quest’anno, l’ho visto giocare spesso con il coltello tra i denti e devo dire che la sua posizione è bugiarda. Puntiamo a questo: salviamoci il prima possibile, così potremo pensare a divertirci“.
La curiosità. “Quando ero ancora piuttosto giovane militavo nell’Atletico Mineiro. Mi trovavo in scadenza in contratto e il mio agente mi disse di non rinnovare perché c’era una squadra importante interessata a me. Così feci. Poi un giorno il procuratore mi disse che quel club si era rimangiato la parola… rimasi disoccupato. Lui mi disse di star tranquillo, di riposarmi un po’ e che ci avrebbe pensato lui. Un giorno mi prospettò la possibilità di andare in Svezia: mi voleva l’Helsingborg, all’epoca giocava lì il grande Henrik Larsson e la squadra giocava in Europa. Accettai. Ma c’era un freddo tremendo! Per me poi, arrivando dal Brasile… dopo alcuni mesi andai a parlare con il direttore sportivo e gli dissi chiaramente: ‘Non ce la faccio più, voglio andare via’. Ero solo lì, non conoscevo la lingua. E così ritornai in Brasile“.
Il cavernoma. “Quando me lo diagnosticarono, i medici mi dissero che c’erano stati altri due giocatori che avevano avuto lo stesso problema: Melchiorri e Zanchi. Federico l’ho incontrato l’anno scorso in occasione del match contro il Cagliari, dopo la gara siamo rimasti a parlare qualche minuto del nostro passato comune. Mi dispiace non poterlo incontrare qui, farò comunque il tifo per lui“.
Sei mesi. “Al di là del mio contratto, un prestito secco di sei mesi, penso solo ad allenarmi. L’incidente che ho avuto mi ha insegnato che non puoi sapere cosa ti accadrà domani: io sono passato dal poter giocare nella Nazionale brasiliana alla sensazione bruttissima di sentirmi come su una barca. Metterò il massimo impegno in ogni allenamento, poi a giugno valuteremo tutti insieme la soluzione migliore che accontenti tutti. La parola data, per me, vale più di un contratto. Ho bisogno del Cagliari e spero che anche il Cagliari abbia bisogno di me. Spero di dare tanta gioia ai tifosi“.
Fabio Ornano
(admaioramedia.it)