Che cosa deve accadere perché Zeman e la dirigenza rossoblù prendano atto della disfatta? Che cosa deve ancora accadere perché la stampa e le tv isolane comprendano che è finita da un pezzo? Per quanto possa sembrare incredibile, non è bastata neppure la sconfitta di Genova per capire che la serie B è ormai una certezza: l’allenatore e la società continuano a dichiarare di credere nell’impresa (sarebbe meglio, a questo punto, parlare di miracolo se non apparissimo blasfemi), e questo può anche starci, visto che molti tifosi hanno più volte dimostrato di essere degli inguaribili ottimisti (usiamo questo termine per non incorrere nel rischio di qualche querela…). Ma è veramente insopportabile vedere quanti giornalisti alimentino le illusioni di tanti appassionati sardi, o comunque li prendano per stupidi e continuino ad esibirsi in contorsionismi linguistici per non dire la verità: il Cagliari è retrocesso. E non da oggi.
Sarebbe risultata sufficiente soltanto la sconfitta contro il Genoa (ma noi ne parliamo dalla partita interna persa contro il Verona) per aprire le menti più ottuse. Tuttavia, il successo conquistato dall’Atalanta contro il Sassuolo ha sgombrato il campo da possibili equivoci: il distacco è salito ad otto lunghezze, che diventano nove se si considera che il Cagliari ha perso entrambi gli scontri diretti con i lombardi. Seguendo gli esilaranti ragionamenti di alcuni colleghi, per salvarsi i rossoblù dovrebbero vincere almeno quattro partite mentre l’Atalanta non dovrebbe più fare punti o, tutt’al più, pareggiare una gara. Impresa che potrebbe riuscire a squadre con le palle (perdonate il termine, ma rende bene l’idea), di sicuro non a un gruppo che mostra gravissime carenze tecniche e di personalità. Questo Cagliari, piaccia o no, è una squadra nata male e corretta malissimo, strada facendo: ha una difesa inguardabile e un attacco impalpabile. E, cosa ancor più grave, non ha cuore, cioè quel carattere che mostrano altre squadre impelagate nella parte più bassa della classifica (e che dovrebbe avere qualunque squadra che voglia evitare davvero una retrocessione, a qualunque livello, e soprattutto salvare la faccia). È soltanto una questione di dignità? No, c’è dell’altro. Non si spiega, per l’esempio, la trasformazione che il Cagliari mostra tra il primo e il secondo tempo. È accaduto anche a Genova: rossoblù vivaci e intraprendenti nella prima parte dell’incontro, a prescindere dai tre legni colpiti, ma molli e quasi impauriti (se non abulici) nella ripresa. Va poi rimarcato che alcuni giocatori sembrano completamente disinteressati alla barca che affonda: forse perché, in cuor loro, stanno già preparandosi alla fuga.
Immaginiamo il presidente Giulini già impegnato, con il suo ristretto staff di collaboratori, nella costruzione della rosa che dovrà calarsi nella realtà della serie B. Degli attuali rossoblù, a nostro avviso, se ne salveranno pochissimi: alcuni andranno via perché sono richiesti da società di un certo blasone (su tutti, M'Poku e Donsah), altri perché ormai giunti a fine carriera, altri ancora perché tecnicamente poco dotati. Non parliamo, poi, di quelli che non hanno un briciolo di carattere: in serie B rimedierebbero figure ancor più barbine. Occorre gente motivata, pronta a sputare sangue pur di non tirare la gamba indietro. L’esatto contrario di quanto hanno mostrato molti giocatori di una delle peggiori squadre della storia del Cagliari. Se proprio vogliamo sfoderare dell’ottimismo, auguriamoci che possa aprirsi un nuovo ciclo vincente. Alla faccia di chi, ancora oggi, inneggia a Massimo Cellino.
Arrogutottu
(admaioramedia.it)