La quinta edizione della “Festa dell’Oncologia” (sabato 28 maggio, dalle 16, al Lazzaretto di Cagliari) punta i riflettori su “I colori della rinascita”, quelli che la speranza di una nuova vita può riaccendere: “Si parlerà di rinascita dopo la malattia, della possibilità di diventare mamme e papà dopo il percorso di cura – spiega Maria Dolores Palmas, infermiera dell’ospedale oncologico Businco di Cagliari e leader del gruppo Abbracciamo un sogno, che organizza l’evento – Tre ex pazienti che nell’ultimo anno sono diventate mamme porteranno la loro esperienza di malattia, cura e maternità”. Maria Cristina Cherchi, oncologa dell’ospedale Businco di Cagliari, spiegherà come questa potenzialità delle donne e degli uomini vada conservata nonostante si debba attraversare il periodo della cura (“un momento di incertezze, preoccupazioni e dubbi che spesso può far pensare ai pazienti di non avere più la possibilità di diventare genitori”), e la psiconcologa Chantal Lussu parlerà di come il supporto psicologico possa aiutare in un momento di scelta tra la cura e la possibilità di procreare.
Sapere di poter preservare la fertilità anche dopo una diagnosi di cancro diventa per i pazienti una leva psicologica straordinaria per affrontare con fiducia il percorso di cura nella prospettiva di progetti importanti, come quello di una famiglia. Le tecniche standard o sperimentali di preservazione della fertilità, che possono essere effettuate nei centri di Procreazione medicalmente assistita (Pma), sono il congelamento del liquido seminale o del tessuto testicolare per gli uomini e la criopreservazione degli ovociti, degli embrioni o del tessuto ovarico nelle giovani donne. Il materiale biologico può rimanere crioconservato per anni ed essere utilizzato quando il paziente ha superato la malattia.
“La principale tecnica per la preservazione della fertilità maschile consiste nella criopreservazione del liquido seminale – Giovanni Monni, direttore della struttura complessa di Ginecologia e Ostetricia, diagnosi genetica prenatale e preimpianto e terapia fetale dell’Ospedale Microcitemico “Antonio Cao” di Cagliari – Nel nostro centro ne eseguiamo circa cento ogni anno provenienti da tutta la Sardegna. Abbiamo iniziato circa venti anni fa. Per la preservazione della fertilità femminile è possibile crioconservare ovociti e tessuto ovarico. La crioconservazione degli ovociti consente di preservarne un numero limitato, mentre criopreservando tessuto ovarico è possibile che, con il reimpianto dopo scongelamento, si ripristini la funzione ovarica con vantaggi per la paziente anche sotto il profilo ormonale. Eseguiamo 5-10 criopreservazioni di tessuto ovarico all’anno”.
“I tumori che mettono più a rischio la fertilità nelle donne – spiega l’oncologa Cherchi – sono il tumore dell’utero, dell’ovaio e della cervice uterina; per quanto riguarda l’uomo, alcuni studi hanno evidenziato una preesistente ridotta qualità del seme in pazienti con leucemia, linfoma e tumore del testicolo. Per quanto riguarda il tumore della mammella il problema è legato alle terapie cui le pazienti devono sottoporsi: le chemioterapie, e soprattutto gli alchilanti, e le terapie ormonali protratte a lungo, in particolare in donne di età superiore ai 35 anni. Le tecniche di crioconservazione sono indicate per le pazienti che hanno fatto la chemioterapia o in pazienti con tumore dell’ovaio, che siano motivate e non abbiamo superato i 35 anni, visto che raggiunti i 40 la fertilità si riduce per fattori legati all’età”.
Durante la festa verranno premiati i disegni realizzati a conclusione del progetto “L’oncologia raccontata ai ragazzi” realizzato alla fine dell’anno scorso nell’Istituto comprensivo di Dolianova, nelle prime medie delle Scuole di Dolianova, Donori, Serdiana, Soleminis, che ha visto impegnati due operatori del day hospital di Oncologia medica del Businco, Maria Dolores Palmas e l’oncologa Manuela Dettori. “Il messaggio del progetto riguarda gli stili di vita sani che aiutano a mantenere un buono stato di salute e un racconto che vorremmo regalare ai giovani genitori che si troveranno a vivere il tempo della malattia – sottolinea Maria Dolores Palmas – Troppo spesso i bambini-ragazzi vengono esclusi dal ‘vivere’ con i genitori, o con qualsiasi altro parente, i tempi difficili della malattia e della cura”. (red)
(admaioramedia.it)
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