Dagli anni dei proclami entusiastici, degli annunci solenni e dei discorsi trionfali della politica sarda fino al baratro e all’angoscia di questi giorni. La spirale negativa del Porto canale di Cagliari sembra non avere fine e non poter mostrare all’orizzonte possibili inversioni di tendenza o alternative plausibili lungo la strada che conduce a passi forzati verso il precipizio.
Una disfatta su tutta la linea che negli ultimi giorni sembra sul punto di manifestarsi nel modo più spietato e drammatico possibile con il licenziamento di ben quaranta dei 63 dipendenti della ditta d’appalto terminalista Iterc, come hanno denunciato in questi giorni le sigle sindacali che seguono da vicino la vertenza. Quaranta famiglie che rischiano in queste ore di finire sul lastrico se entro pochi giorni non si avranno sviluppi positivi sul fronte delle attività del porto industriale, afflitto da una crisi che ormai da anni non conosce tregua e che rischia in concreto di precipitare nello stesso dramma i circa 700 lavoratori coinvolti, tra impiegati diretti e dell’indotto, su cui adesso aleggia davvero lo spettro agghiacciante della chiusura definitiva dello scalo, con un corollario di ricadute negative a cascata per l’intero territorio. E mentre si attendono con ansia i prossimi sviluppi su una vicenda che tiene l’intero comparto marittimo col fiato sospeso, in attesa delle prossime decisioni Cagliari si prepara a una nuova serie di assemblee permanenti e il ben noto rosario di manifestazioni di protesta.
A ben vedere ciò che desta preoccupazione è la sorte intera del porto industriale e non soltanto quella di un’azienda appaltatrice, per quanto sanguinosa in termini occupazionali ma soprattutto umani, anche alla luce di un’attività complessiva degli approdi che è crollata dell’80% negli ultimi anni. Un crollo del lavoro accompagnato dal silenzio più che preoccupante dell’hub di transhipment dello scalo Cict, Cagliari international container terminal, controllato dal gruppo Contship Italia e a sua volta dalla holding tedesca Eurokai. Un silenzio che non lascia presagire nulla di buono, ma che vedrà di sicuro il coinvolgimento nella vertenza del Ministero dei Trasporti, già investito della vicenda, soprattutto al fine di dare spiegazioni sul futuro del porto canale di Cagliari e valutare eventuali prospettive di sviluppo che al momento, è bene essere chiari sul punto, non si intravedono da nessuna parte.
Pur nella preoccupazione unanime del settore marittimo, non tutti gli operatori però accolgono positivamente la prospettiva di un braccio di ferro con il concessionario Contship, anche perché a conti fatti «scagliarsi contro il concessionario sarebbe un errore dal momento che quest’ultimo è vittima delle scelte del proprio cliente, la Hapag Lloyds. L’ipotesi dei licenziamenti è determinata infatti dalla perdita da parte della Contship del suo unico cliente, la Hapag Lloyds», ragiona Gianmarco Cincotta, presidente della Cincotta Shipping Agency «che ha resistito alla crisi dei traffici marittimi sino ad oggi, adesso che non c’è carico da trasportare la conseguenza è che non possa più mantenere i servizi su Cagliari». Ma la vicenda del porto Canale di Cagliari è anche una il frutto di una lunga serie di errori. «L’errore più grande è stato quello di non fare insediare le imprese intorno al porto – prosegue Cincotta – perché queste ultime avrebbero generato import-export di merci e quindi carico da trasportare». Ma ormai la frittata è fatta. «Adesso più che mai occorre che le istituzioni aiutino il concessionario con politiche adeguate: continuità territoriale per le merci containerizzate e detassazione per imprese che si insediano nell’area del Porto canale con l’obiettivo di favorire il flusso di carichi in entrata ed in uscita». Una riflessione, quella di Cincotta, che si conclude con un monito amaro: «Tutte le aziende che lavorano nel porto industriale con Contship stanno soffrendo, e soffriranno per le conseguenze della riduzione del traffico. Se resistiamo e combattiamo, ci rimane la speranza che qualche nuova opportunità possa presentarsi. Se invece molliamo, con la chiusura del Porto canale assisteremo a un passo indietro di 20 anni non soltanto dell’economia di Cagliari, ma di tutta l’Isola».
Nicola Silenti
(sardegna.admaioramedia.it)