Chi è il colpevole dell’incredibile anomalia cagliaritana? L’unica città metropolitana italiana ed europea a non avere mai conosciuto un’Accademia di Belle Arti. Chi è che si rifiuta d’affrontare politicamente la problematica, e preferisce associare all’arte società per fare profitto (promozione e gestione di biglietteria, bookshop e caffè)? Chi è che affida politicamente l’arte e la cultura a figure non scientifiche, che non curano gli interessi del pubblico, del sociale e del locale? Chi è che preferisce affidare l’arte e la cultura a una fitta rete di editoria, cooperative, associazioni, gallerie e mercanti dell’altrove?
Cagliari è la capitale delle mostre d’importazione, del merchandising e delle campagne di comunicazione farlocche, dove si confondono i valori e i contenuti culturali locali, gonfiando e pompando un’idea dell’arte locale che non esiste. Chi sono gli addetti ai lavori che ignorano tutto questo? Chi è che accetta e giustifica l’assenza di un’Accademia di Belle Arti, in un’area metropolitana, che crea un sistematico espianto di produzione artistica locale? Chi è che consente, circolazione e prestito di opere, in cambio di denaro, evitandone la fruizione locale, invece di farne patrimonio d’economia diffusa locale? La parola ‘Arte’ a Cagliari non è mai esistita, si usa male la parola ‘artistico’. Arte è identità collettiva che unisce e innalza: a Cagliari con un cattivo uso della parola artistico si divide, ci si dispera, degrada e squalifica. La parola artistico si adatta alle ‘notti bianche’, a via Roma chiusa e zona pedonale, al divertimento e allo shopping. A cosa servirebbe un’Accademia di Belle Arti in uno scenario come questo? A educare all’arte senza noia, a formare artisti che sappiano progettare ricerche che abbiano senso comune, artisti che non siano a getto gratuito e continuo (per quello basta Facebook). Il paradigma da inseguire normativamente dovrebbe essere quello del ‘km zero’, far nascere e formare artisti dove il rapporto con l’arte e gli artisti sia un fatto quotidiano. Se l’Accademia è l’istituzione dove si studia la ricerca, per migliorare e stare al passo, con le ricerche artistiche globali alimentate dalle Accademie, a cosa serve rappresentare una idea artificiale di mercato e di artisti selettiva, in una realtà fuori mercato, come quella di Cagliari? Cagliari dovrebbe uscire dalla sua gabbia, aprirsi e relazionarsi al mondo dell’arte, formando e autodeterminando i suoi artisti.
La Cagliari dell’arte contemporanea, priva d’istituzioni accademiche, offre al turista desideroso di comprendere le specificità e le ricerche degli artisti locali, uno spettacolo noioso, farsesco e desolato, orfano d’idee. Cagliari è la città degli echi dei gruppi di potere che controllano il mercato dell’arte, lavorano con operatori conniventi per sostenere opportunisti e imbroglioni. Lo statuto d’artista è affidato, o lo si affida, a illusionisti che nascondono vuotezza e pochezza, con raggiri e sfrontatezza. Trionfano frasi e astio a sproposito, in chiave d’interesse individuale; trionfano sussurri e frivolezze, la provocazione rasenta l’osceno, i commenti sono gratuiti e privi di contenuto. Le residenze ‘internazionali’ d’artista, alimentano il declino e la mai messa in posa, di una narrazione artistica locale, s’investe sul folk (distinguendolo tra alto e basso) senza differenze e distinguo. A Cagliari l’arte è ancora multidisciplinare (non interdisciplinare, come dovrebbero essere gli scenari del contemporaneo), più che d’artisti si parla distinguendo il pittore dallo scultore, lo scultore dal ceramista, come se si vivessero ancora le antiche corporazioni medievali d’arti e mestieri.
Cosa è l’arte deve dirlo chi arriva a Cagliari, non i cagliaritani, questo alimenta l’insano gusto della cineseria artistica, brand di vasto successo, facile da emulare e privo di copyright. Eventi diversi si presentano come laboratorio, quando un realtà il laboratorio nel quotidiano manca, perché manca un’Accademia. Uno scenario drammaturgico che ha come interpreti curatori e artisti, che passano il tempo a tentare il tempo a prevalere l’uno sull’altro, in un panorama isolato e disconnesso da quanto avviene altrove. Critici si muovono da curatori di mostre, selezionano e allestiscono spazi, di fatto non sono critici, non sono storici dell’Arte, non sono architetti e neanche Architetti, ma si comportano come se lo fossero con fare manageriale. Fossero dei curatori dovrebbero porsi al servizio degli artisti e lavorare per un’Accademia mai esistita a Cagliari. Non avviene, perché? Perché Cagliari da secoli alimenta l’eutanasia e il genocidio dell’arte residente, con i curatori locali che confermano uno scenario inesistente.
Domenico Di Caterino
(admaioramedia.it)