Aveva compiuto 88 anni lo scorso 20 dicembre. Da qualche tempo il cuore faceva le bizze, però la sua fibra forte sembrava in grado di vincere la battaglia che lo aveva costretto al ricovero in ospedale. Ma ieri notte il cuore di Puppo Gorini si è fermato per sempre. Ho lavorato per tanti anni al suo fianco, a Sardegna Uno, emittente televisiva alla quale era approdato negli anni Ottanta dopo una lunga esperienza a Videolina. Si occupava prevalentemente di sport, in particolare del calcio, che lui aveva praticato ad alti livelli: negli anni Quaranta, infatti, aveva giocato nel Cagliari in terza serie. Soltanto dei problemi di salute lo avevano costretto ad abbandonare anticipatamente il calcio. Eppure, lo ricordo come se fosse oggi, anche dopo aver spento le 60 candeline aveva conservato quel piede vellutato con il quale serviva assist deliziosi da fermo, con lanci millimetrici a 40 metri di distanza. Lui ormai giocava arretrato, nelle partite tra giornalisti. A noi giovani bastava correre verso la porta avversaria, consapevoli che avremmo ricevuto la palla tra i nostri piedi. Era uno spettacolo da vedere.
Quella passione per il calcio l’aveva riversata nella professione giornalistica, seguendo per alcuni decenni le partite del Cagliari sia in casa che in trasferta. Le sue cronache spesso erano ruvide, un po’ come il suo carattere che lo portava a parlare senza peli sulla lingua. Ma la sua competenza era evidente, soprattutto se si confrontavano i suoi servizi con altri che proponevano le emittenti concorrenti. Amava attaccare i cosiddetti “soloni del calcio”, riferendosi ai presunti addetti ai lavori che si davano delle arie pur senza essere dei veri intenditori.
Un altro aspetto del suo carattere che ho apprezzato è stata l’onestà. Non sempre ho condiviso i suoi pareri su certe partite o su alcuni episodi da lui commentati in tv. Ma con lui ho lavorato bene e ho avuto un buon rapporto personale. Se aveva qualcosa da dire, la diceva senza girarci attorno. Non sopportava la piaggeria, l’ipocrisia e il pressapochismo della gente, a cominciare da qualche collega. E non lo mandava a dire. Per questo si era procurato qualche antipatia, oltre a molti estimatori. Con coerenza, affrontava la gente guardandola negli occhi.
Puppo (all’anagrafe Mario) era figlio di un famoso lattaio che, durante i bombardamenti del 1943, aveva trasportato sul suo furgone la statua di Sant’Efisio tra le macerie della martoriata Cagliari, garantendo così il regolare svolgimento della processione in onore del martire, anche se in tempi decisamente compressi per motivi di sicurezza. Un documentario televisivo in bianconero lo testimonia ampiamente e lo ha consegnato alla storia della città.
La seconda passione di Puppo era la musica lirica, non a caso seguiva tutti i concerti e le opere in programma al Teatro comunale di Cagliari. Nei momenti di buonumore, canticchiava delle arie in redazione, sorridendo a chi gli faceva i complimenti per le sue doti canore.
In tanti, domani, gli daranno l’ultimo saluto alla chiesa di Santa Lucia dove, alle 15.30, sarà officiata la Messa.
Luigi Alfonso
(admaioramedia.it)