Le elezioni regionali di domenica scorsa, risultate una marcia trionfale per il centrodestra a trazione sardo-leghista nonostante sondaggi scarsamente attendibili e una prevalente ostilità giornalistica, hanno sancito la fine del mito dell’invincibilità di Massimo Zedda, ma anche, evento da non sottovalutare, il ‘funerale’ politico di Renato Soru, che, pur essendo in minoranza nel Partito democratico regionale, era riuscito a piazzare nelle liste di un partito terrorizzato diversi candidati di peso.
Oltre al capogruppo uscente Pietro Cocco e all’ex sindaco di Quartu Sant’Elena, Gigi Ruggeri, due assessori uscenti della giunta Pigliaru, la titolare del Turismo, Barbara Argiolas (stessa delega, per anni, nella Giunta comunale di Zedda), in ticket elettorale col quartese, e soprattutto il contestatissimo assessore della Sanità, Luigi Arru. La presenza in lista di Arru, forse l’assessore più detestato nella storia dell’autonomia regionale sarda, quasi surclassando la memoria dell’altra ‘amatissima’ soriana Nerina Dirindin, ha provocato il rabbioso imbarazzo di Zedda, che ha tentato di respingere i conseguenti sospetti di ‘continuismo’ con la nefasta azione politica del medico nuorese, dissociandosi dalla sua candidatura e indirizzandogli un fraterno ‘pindacciamento’, pronosticando che difficilmente sarebbe stato eletto. L’elettorato, evidentemente indifferente ai giri elettorali di Soru nel nuorese in compagnia di Arru, ha snobbato insieme all’assessore uscente, superato, seppur di poco, da Roberto Deriu e Daniela Forma, anche gli altri nomi ‘soriani’: Argiolas e Ruggeri, rispettivamente quarta e sesto, e Cocco, il più votato nel Sulcis-Iglesiente, travolto dalla crisi della sinistra in una zona un tempo ‘rossa’. La conta dei probabili otto eletti del Pd (manca ancora la proclamazione ufficiale) è impietosa: sei consiglieri appartengono all’area Cabras-Fadda (Moriconi, Piscedda, Ganau, Deriu, Piano e Meloni), due alla cosiddetta area Angioni (Comandini e Corrias), a secco il gruppo soriano.
Dopo essere scomparso da tempo dal dibattito politico-culturale, con la fine della storica associazione d’area “Sardegna democratica” e l’eclissi dei suoi ‘nomi forti’, e dalla guida del Pd, finendo in posizioni di astiosa minoranza, viene così ad evaporare nelle assemblee elettive il sempre più striminzito gruppo soriano, anche per la sparizione dei pochi sindaci della sua area (come l’oristanese Guido Tendas e Lalla Pulga di Quartucciu. Cessazione che avrà definitivo compimento con le elezioni europee, alle quali Soru ha annunciato, da tempo, di non volersi ricandidare. Dell’esperienza politica soriana non rimane niente che valga la pena di conservare, certamente non due devastanti riforme, come l’istituzione della Asl unica (Ats), difesa praticamente solo dai ‘soriani’, e ‘rinnegata’ per primo da Zedda in campagna elettorale, e come un piano paesaggistico regionale (Ppr) ammazza-sviluppo, la cui abolizione è nel mirino della nuova giunta regionale del leader sardista Christian Solinas. Neppure l’annunciato ritorno di Soru a “fare l’imprenditore” si prospetta così roseo, dato che da tempo ha perso il controllo di Tiscali, e non si capisce bene se, a 60 anni suonati, potrà ancora rivestire i panni dell’innovatore.
Purtroppo, per lui, Renato Soru – che nel 2004 sembrava avere l’aura di un ‘quasi Re’ di Sardegna, giunto in viale Trento (non amava Villa Devoto come sede istituzionale) sull’onda di un rotondo successo elettorale con l’immagine del grande imprenditore a capo di un gruppo multinazionale – la sua attuale situazione di ‘disgrazia politica’ se l’è cercata tutta, dato che tra metodi di governo nettamente autoritari, oltranzismo ambientalista e un insopportabile senso di ‘superiorità morale’, ha spesso suscitato proprio nei suoi ‘compagni’ di sinistra un’astiosa antipatia perfino maggiore rispetto a quella che per lui hanno sempre provato gli elettori moderati e di destra. Davvero difficile che qualcuno lo rimpianga.
Caesar
(sardegna.admaioramedia.it)