Non capita spesso di finire sul prestigioso quotidiano americano, “New York Times”, ma finirci perché i giornalisti americani si indignano di come in Sardegna, più precisamente a Domusnovas, ci sia una fabbrica di armi e di bombe che vende il proprio prodotto bellico all’Arabia Saudita è certamente originale.
Non ho mai pensato che esistano armi buone o cattive ed è giusto parlare di quello che sta accadendo in Yemen e più in generale del comportamento dell’Arabia Saudita, ma il giornale americano dovrebbe indignarsi perché gli Usa sono alleati del regime dell’Arabia Saudita e non intervengono per fermare questa sporca guerra contro gli sciiti filoiraniani. Sarebbe minore l’indignazione se le armi e le bombe venissero acquistate negli Usa? Nazione in cui le armi abbondano e vengono esportate in tutto il mondo. Perché quando armi americane finiscono ai ribelli o ai terroristi in Siria non c’è un coro di indignazione? Semplicemente, il “New York Times” potrebbe chiedere al proprio Governo o all’Unione europea di imporre un embargo alla stessa Arabia Saudita.
Al contrario, Domusnovas e la Sardegna vengono sbattute in prima pagina mondiale, esponendola a pericoli di ritorsione (sarà opportuno aumentare i controlli di sicurezza) e gettando fango su una comunità che ha la sola colpa di fare quel lavoro per campare onestamente. Oltre le critiche e le frasi scandalizzate, nessuno parla di alternative concrete occupazionali. La colpa non è della fabbrica, ma di chi sostiene certi Governi e politiche destabilizzanti in Medio Oriente.
Salvatore Deidda – Portavoce regionale Fratelli d’Italia
(admaioramedia)