Vederlo intento a dispensare consigli al figlio Onorato e al nipote Andrea, mentre lavora nella falegnameria di famiglia, smentirebbe chi vorrebbe considerarlo un pensionato: Battista Porcu, falegname 81enne di Belvì, è ancora in piena attività. Ciò che rende unico questo artigiano, con più di 50 anni di esperienza lavorativa, oltre i mobili, le porte e gli utensili realizzati, è l’essere rimasto custode di un’arte ormai rara. Zio Battista, così come viene chiamato affettuosamente da tutti, è infatti l’ultimo bottaio rimasto in Sardegna. Il suo, oltre che un lavoro, è da sempre un'antica passione capace di resistere alle nuove tecnologie, imposte da un progresso sempre più proteso a meccanizzare le produzioni e annullare le tradizioni.
Ne sono un concreto esempio i prodotti realizzati dagli anni ’60 ad oggi, frutto di un lavoro lungo ed impegnativo: “Correva il lontano 1946 – spiega Tziu Battista – Conclusi gli studi elementari, mi recai a Cagliari per chiedere delle informazioni legate alla frequentazione delle scuole medie nel Capoluogo. Gli elevati costi della retta mensile mi spinsero a rinunciare, al fine di non gravare economicamente sulla mia famiglia. Ogni qual volta facevo ingresso nella parrocchia belviese di Sant’Agostino restavo colpito dalla bellezza delle opere lignee presenti nella parte riservata al coro. Nacque così l’idea di fare il falegname, che andai a concretizzare nel 1948, anno in cui iniziai a lavorare per conto di Tziu Diegu Curreli, ‘su maistu e linna’ per antonomasia.”
Come si è sviluppata la passione per la fabbricazione delle botti?
“Un giorno ebbi modo di osservare il padre di Tziu Diegu, Tziu Pissente mentre riparava una vecchia botte. Osservai attentamente il suo lavoro e cercai di apprendere quanto possibile dal suo abile intervento. Nel 1965 decisi quindi di costruire autonomamente delle botti. Fu così che nacquero le mie prime tre creazioni: due delle quali le vendetti a due produttori vitivinicoli locali, mentre la terza la tenni per me. Da allora ho sempre costruito le classiche botti, rigorosamente di castagno.”
Il processo di produzione e gli arnesi da lavoro sono cambiati?
“Nel mio caso gli arnesi e i procedimenti sono sempre gli stessi. E’ fondamentale il momento in cui si sceglie il tipo di legno. Non devono essere presenti difetti strutturali che potrebbero causare delle perdite. Su una partita di legname solamente il 40-55% massimo può essere impiegato per costruire botti. Non è secondaria la precisione nel fissaggio delle doghe, che vengono assemblate una ad una senza l’utilizzo di mastici o colle. Col tempo le fasi e i metodi sono tuttavia cambiati. Nella penisola, dove si concentra gran parte della produzione, si è passati, infatti, da una dimensione artigianale ad un vera e propria logica industriale. A farla da padrone sono le presse che automatizzano le fasi di montaggio, riducendo così i giorni lavorativi. I prodotti presenti in commercio non sono spesso dei migliori e dopo un anno vanno ricambiati. Per lavorare manualmente una doga è necessaria invece un’ora e mezza. Per terminare l’intera botte dai 6 ai 10 giorni: è questa la vera differenza.”
La botte necessita di una continua manutenzione? Il materiale influisce nella conservazione del vino?
“Le botti vanno conservate in luoghi freschi e asciutti e non esposte al sole. Il materiale influisce sia nella conservazione che nel gusto del vino. Non tutti i vini vanno conservati nelle botti di castagno. Quelli liquorosi come il cognac, per esempio, nel rovere opportunamente incenerito all’interno per esaltarne il gusto.”
Il mercato risente della crisi? E’ un mestiere che ha futuro e quali consigli per i giovani?
“Per quanto concerne il mio caso posso dire di non averne risentito. Qualche anno fa ho avuto modo di vendere alcune botti anche ad un famoso produttore di vernaccia. Recentemente, anche a seguito dell’avanzare dell’età ho ridotto notevolmente la produzione. Penso ceh ci sia un futuro, purché non manchino competenza, precisione e professionalità. Ai giovani che vogliono intraprendere quest’arte raccomando attenzione. Se non hanno voglia di commercializzare eccellenze si dedichino pure ad altro. In questo settore la qualità conta tanto. Presto dovrei tenere un corso di formazione così da trasmettere alle nuove generazioni i segreti del mestiere.”
Giorgio Ignazio Onano
(admaioramedia.it)
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