Sembra destinata a un lungo corollario di polemiche e recriminazioni la decisione del governo Renzi di sopprimere l’Autorità portuale di Olbia promuovendo quella di Cagliari a sede regionale unica di gestione dei porti isolani.
Un provvedimento assunto lo scorso 21 gennaio dal Consiglio dei ministri nell’ambito del decreto di “Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione delle autorità portuali”, in applicazione della delega al Disegno di legge di riforma della pubblica amministrazione approvato in estate e che andrà a modificare la legge 84 del 1994 di riordino della legislazione in materia portuale. Una misura che ha ridotto il numero delle autorità della penisola da 24 a 15 e che istituisce in Sardegna la nuova Autorità unica di Cagliari, cui spetterà il controllo degli scali di Porto Torres, Olbia, Golfo Aranci, Oristano, Portoscuso-Portovesme e Santa Teresa di Gallura (per la sola banchina commerciale), con le esclusioni 'eccellenti' dei porti di Sant'Antioco e di Arbatax, un porto quest’ultimo da sempre cruciale nelle rotte di persone e merci verso il continente.
Presentata con lo slogan renziano «qualche poltrona in meno ma efficienza in più», la misura dell’Esecutivo ha da subito sollevato nell’Isola un coro trasversale di proteste e commenti risentiti, seguita dalla contrarietà piccata di parlamentari e politici locali, anche alla luce della difformità del decreto sull’Isola rispetto ai casi di Liguria, Puglia e Sicilia, che invece conservano due autorità portuali ciascuna. Una polemica che appare tutt’altro che pretestuosa se si pensa che, nel distretto nord di Porto Torres-Olbia-Golfo Aranci transitano ogni anno oltre quattro milioni di passeggeri a fronte delle circa 350mila persone movimentate nello stesso lasso di tempo dal porto di Cagliari, con una sproporzione tra i due comprensori. Un dato evidente con cui dovrà fare i conti la nuova Autorità di sistema, che si troverà a dover incidere pesantemente sul territorio con le sue prerogative istituzionali di programmazione, indirizzo e coordinamento del sistema dei porti, con quel che ne consegue sul piano dello sviluppo, degli investimenti, dei finanziamenti e dell’occupazione.
Tuttavia, a fronte di una serie non marginale di potenziali contraccolpi negativi, la riforma sembra presentare al contempo alcune novità interessanti come l’istituzione del nuovo “Tavolo nazionale di coordinamento delle Autorità”, che avrà il compito di armonizzare le singole strategie territoriali e quindi gestione centralizzata degli investimenti e diminuzione delle spese. Il presidente della nuova Authority sarà nominato con mandato quadriennale dal Ministro delle Infrastrutture d’intesa con il Presidente della Regione, avrà più poteri rispetto ai precedenti e sarà chiamato ad agire di concerto con il Comitato di gestione, il nuovo organo che sostituisce il vecchio comitato portuale. In tutti i casi, quali che siano le scelte definitive del Governo, è di vitale importanza che la nuova catena di comando nel trasporto marittimo diventi più rapida, snella ed efficiente di quanto non sia stata quella di un passato da archiviare in fretta.
Nicola Silenti
(admaioramedia.it)
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