Non hanno perso la passione che ha sempre caratterizzato una certa area politica, un tempo sparsa nella variegata galassia comunista, poi sotto le insegne di Autonomia Operaia, oggi autodenominatasi ‘antagonista’: la schedatura degli avversari politici.
Tra gli archivi più tristemente famosi, quello trovato in una sede di Avanguardia operaia (poi diventata Democrazia proletaria) in viale Bligny a Milano, dove erano state archiviate le foto dei giovani missini partecipanti al funerale di Sergio Ramelli, militante 19enne del Fronte della Gioventù milanese, ucciso nel 1975 a colpi di chiave inglese da alcuni militanti comunisti di Ao. Ma, negli anni ’70 ed ’80, fiorivano in ogni città i volumi con la schedatura dei ‘fascisti’, con tanto di foto, indirizzo ed eventualmente il numero di targa delle loro auto. Qualcosa di simile all’istigazione a colpire. In tempi più recenti, proprio a Cagliari, in occasione di una cerimonia per ricordare i caduti della Repubblica Sociale Italiana, qualcuno, che oggi occupa un prestigioso banco istituzionale in via Roma, si era prodigato a fotografare i partecipanti, chissà con quale finalità.
Una tradizione certosina che arriva da lontano e che una certa sinistra non intende abbandonare, tanto che ieri, in una conferenza stampa davanti ai cancelli del Comune di Cagliari, alcuni appartenenti al Coordinamento antifascista cagliaritano hanno presentato un bizzarro dossier dal titolo “Sostegno dato dalle Giunte Zedda ad organizzazione di eventi di stampo neofascista”, che accusa l’inconsapevole Primo cittadino cagliaritano di fiancheggiare i ‘fascisti’, a sua insaputa. Un’accusa un po’ forte, argomentata con un modesto lavoro di ricerca, costituito da diciotto pagine (più una copertina non troppo raffinata graficamente), dove sono elencati una ventina di eventi culturali (presentazione di libri, convegni storici, sull’ambiente ecc.) organizzati da alcune associazioni che da molti anni svolgono attività culturale, ma che hanno la grave colpa e la sfacciataggine di svolgerla “in locali del Comune”.
Poi, in sette allegati una descrizione approssimativa e confusa (non ci sono più gli ‘schedatori’ di una volta) delle associazioni organizzatrici, degli organizzatori e di alcuni relatori, con tanto, se conosciuta, della loro attività professionale e degli indirizzi delle sedi, casomai potessero servire a qualcuno per compiere una ‘visita’, seppure non richiesta. Insomma, per i trinariciuti antifascisti del III millennio, le associazioni (culturali, ambientaliste e sportive) che fanno riferimento al versante ‘destro’ della politica non avrebbero diritto ad utilizzare i locali comunali ed a chiedere i contributi pubblici destinati all’associazionismo. Pretesa che suona ancora più farneticante se pronunciata da chi, da quasi tre anni, ha la propria sede a Cagliari nei locali di un edificio pubblico occupato abusivamente (l’ex scuola elementare di via La Marmora), con il silenzio complice o addirittura la benedizione di alcuni rappresentanti istituzionali.
Un vortice delirante di intolleranza manifestata da un gruppuscolo che si fregia del titolo di ‘antagonista’, ma che somiglia sempre più alle guardie rosse del sistema con l’orologio della storia rotto, fermo agli Anni ’70, periodo fecondo di scontri di piazza tra fascisti e comunisti, con il conseguente caro prezzo che tante giovani vite hanno pagato per le loro idee. Stagione che a questi prevaricatori professionisti non deve aver insegnato granché, visto che hanno annunciato un presidio per sabato prossimo in occasione della presentazione di un libro.
Arsenico
(admaioramedia.it)