Mentre riprendono gli sbarchi nel territorio italiano (2.000 arrivi nelle ultime ore con flussi da Libia e Tunisia), le Istituzioni che si occupano dell’accoglienza degli immigrati in Sardegna vivono qualche minuto di preoccupazione, perché l’Isola, risparmiata dalla distribuzione dal lontano giugno 2017, potrebbe tornare utile a chi deve sistemare i nuovi arrivati.
La stabilizzazione delle presenze nelle strutture sarde (a marzo risultavano 4.146 richiedenti protezione internazionale nei 143 Cas, oltre ai circa 400 ospitati negli Sprar) ha contribuito a far passare in secondo piano una novità nella certificazione delle spese per la gestione dell’accoglienza, comunicata dal ministro dell’Interno, Marco Minniti, con una circolare di novembre 2017 (controfirmata dal ministro dell’Economia Padoan), che ha “adottato una disciplina finalizzata all’individuazione analitica dei diversi servizi oggetto dell’appalto e conseguentemente alla tracciabilità degli stessi, anche attraverso una specifica rendicontazione”. Elencando dettagliatamente quali documenti di giustificazione della spesa debbano essere sottoposti al controllo delle Prefetture, prima della liquidazione delle spettanze alle organizzazioni che gestiscono l’accoglienza: “1) rendiconto dei costi sostenuti; 2) registro delle presenze degli ospiti; 3) copia dei contratti di lavoro del personale; 4) fogli firma mensile e copie buste paga dei dipendenti; 5) rendiconto dei pasti ordinati e consegnati; 6) rendiconto dei beni forniti (vestiario, kit primo ingresso, schede telefoniche); 7) copie registro ‘pocket money’ firmato dagli ospiti, con nome e cognome, data ed importo erogato; 8) copie delle ricevute firmate dei beni consegnati; 9) elenco dei fornitori; 10) fatture relative agli oneri sostenuti per eventuali contratto di subappalto e per i contratti coi fornitori”.
Un controllo immane che è destinato inevitabilmente a condizionare ulteriormente gli uffici delle Prefetture italiane, già ingessati’ dalla gestione dell’accoglienza e verosimilmente neanche dotati del personale adeguato per realizzare un simile controllo, che inoltre rallenterebbe i tempi dell’erogazione alle strutture, caratterizzati da un consueto e fisiologico ritardo di almeno tre mesi. Comunque, non è chiaro se i controlli siano mai stati realizzati secondo le direttive del Ministro, trasformando così gli uffici territoriali in sedi staccate di un futuribile ‘Ministero dell’Immigrazione’. Oppure se si è trattato di una ‘farsa’ imbastita per provare a tacitare l’opinione pubblica scandalizzata dalle imponenti cifre destinate a questo settore: solo nell’Isola, i quasi 4.500 immigrati producono un costo di circa 157.000 euro al giorno; quindi, in un anno almeno 56 milioni e spiccioli, per parlare solo dei costi diretti dell’accoglienza.
Il carico di lavoro nelle Prefetture è già al limite, perché oltre alla consueta amministrazione che spetta, come braccio operativo dello Stato nei territori, gli è stata assegnata l’ordinarietà (o ’emergenza costante’, che dir si voglia) del fenomeno migratorio, diventato negli ultimi anni decisamente impegnativo: gestione delle gare per l’accoglienza; stipula delle convenzioni; distribuzione degli immigrati nelle strutture; gestione delle innumerevoli richieste di spostamento, di aggregazione familiare, in arrivo anche dall’estero; controlli, proteste e rogne varie all’interno dei centri; pagamenti ai gestori delle strutture. Resta, perciò, da capire con quale e quanto personale dovrebbero svolgersi questi sacrosanti controlli sul ‘business’ dell’accoglienza. A meno che non si tratti dell’ennesima circolare da sventolare davanti al naso del popolo, sapendo perfettamente che diventerà ‘carta straccia’.
Arsenico
(admaioramedia.it)
One Comment
Marius Ioan Vasilescu
Perché, esiste un “business dell’immigrazione”… !???
Ma non si chiamava “accoglienza” …?!!!