Per il centrosinistra sardo doveva essere un tranquillo week end. Una tiepida domenica di sole con scampagnata, senza dimenticare di recarsi ai seggi per esprimere il proprio voto per il referendum sulla Riforma Costituzionale del premier Renzi. In fondo, l’amico Matteo era stato nell’Isola, prima a Sassari poi a Cagliari, a firmare ‘accordi di sviluppo’, corredati da tanti milioni di euro (più o meno credibili), e, nonostante piccole frange del Pd e della maggioranza si fossero mobilitate per il ‘no’ alla riforma, il clima li rendeva ottimisti.
Peraltro, il presidente Pigliaru aveva spiegato che “la riforma rafforza le nostre autonomie e l’intesa è il futuro delle specialità. Gli argomenti del ‘no’ non mi paiono solidi e non si entra nel merito delle cose”. Addirittura Renato Soru, solitamente silente, si era impegnato a favore della riforma: ”Non contribuire ad approvare questo aggiornamento della Costituzione significa non onorare il grande lavoro che i padri costituenti hanno fatto”. Nessuno si poteva aspettare che la Sardegna si sarebbe trasformata in regione spietata con lo schiaffo più forte indirizzato a Renzi ed a tutti i suoi fedeli locali: 616.791 elettori (72,22%) hanno detto ‘no’ contro i 237.280 voti (27,78%) del ‘sì’. Senza scampo in nessuna delle quattro province, con Oristano che ha conquistato il primato della bocciatura (73,98%) e Sassari quello della più clemente (69,39%).
I primi scricchiolii nella maggioranza che presidia viale Trento devono essere cominciati poco dopo le 23 di domenica coi primi ‘exit poll’, poi con l’annuncio delle dimissioni del premier Renzi si sono avuti i primi svenimenti dei renziani (aumentati in misura esponenziale negli ultimi 1.000 giorni) e quindi, conosciuti i dati definitivi sardi, si sono formate le crepe. Che, questa mattina, sono sfociate nelle dimissioni di un fervente sostenitore della riforma Renzi, l’assessore regionale del Personale e Riforme, Gianmario Demuro, arrivato in Giunta come prescelto da Soru, ed in quelle preannunciate per domani dell’assessore dell’Agricoltura, Elisabetta Falchi, in quota RossoMori (rappresentato in aula da Emilio Usala e Paolo Zedda), partito che ha deciso di abbandonare la maggioranza. Il tanto citato rimpasto, evocato da mesi, è ormai nei fatti. Ma l’improvvisa accelerazione, non prevista dal presidente Pigliaru, rischia di sfilargli di mano il pallino delle scelte, che a lungo aveva rivendicato. Sarà, comunque, una buona occasione per sostituire altri assessori, considerati da tempo a rischio.
Ma se la Giunta regionale, con due rinunce, sta male, anche in Consiglio regionale il centrosinistra non si sente tanto bene. Per una diatriba tra due aspiranti presidenti della IV Commissione “Governo del territorio, ambiente, infrastrutture, mobilità”, Antonio Solinas e Salvatore Demontis, entrambi del Pd, la presidenza è finita nel ‘fortino’ dell’opposizione, con l’elezione di Peppino Pinna dell’Udc. E la conferma degli altri cinque presidenti uscenti non è piaciuta al partito di Maninchedda, che è rimasto all’asciutto e non ha neanche partecipato al voto.
Arsenico
(admaioramedia.it)
One Comment
Pingback: REGIONE, Assessore Falchi: “Mi dimetto dalla Giunta. Non nascondo stanchezza e un certo isolamento” - NewsRss24 Italia