ARCHEOLOGIA, Nurnet testa nuova tecnologia per ricerca. Manca: “Importante per la Sardegna che ha tanti tesori ancora da far emergere”

12 Agosto 2015

Grazie ad una collaborazione con Garmin Marine, la Fondazione “Nurnet – la rete dei nuraghi” ha riscoperto i nuraghi all’interno del lago Cuga ad Uri.

Il progetto pilota è nato dall’idea di un ingegnere, Luca Galzerano, socio e consigliere d’amministrazione della Fondazione, e ha visto l’utilizzo di una nuova tecnologia per il monitoraggio dei fondali: un ecoscandaglio in uso anche dalla Marina militare nell’ambito della ricerca di relitti e bersagli sul fondo, con la capacità di restituire immagini in maniere dettagliata e definita.

Attraverso la scansione laterale e frontale è possibile visualizzare sullo schermo immagini quasi tridimensionali, grazie all’uso contemporaneo di onde ad altissime frequenze, permettendo di rilevare corpi consistenti, pietre isolate, relitti e perfino nuraghi. Perciò, grazie alla collaborazione dell’Enas, che gestisce l’invaso e le autorizzazioni della Sovrintendenza per i beni archeologici, si è deciso di scandagliare il lago Cuga, costruito per necessità antropiche, al cui interno vi sono decine di nuraghi, due dei quali non riemergono dal 1974, nemmeno nei periodi di maggiore siccità: Il nuraghe Chessedu e il nuraghe Asturedu.

“L’intento di Nurnet – ha spiegato Nicola Manca, presidente della Fondazione – è stato quello di verificare se la tecnologia utilizzata permettesse una mappatura minuziosa dei fondali e una riduzione dei costi nelle operazioni di prospezione affinché lo strumento potesse aiutare gli addetti ai lavori archeologici. I risultati ottenuti sono stati straordinari, permettendo di individuare i due nuraghi, la tholos al loro interno e la netta demarcazione dallo strato di fanghiglia che ne ricopre i bordi. Un esempio di come la tecnologia e le competenze trasversali possano essere d’aiuto a settori specifici, in particolar modo in una terra come la Sardegna che tanti tesori ha ancora da far emergere”. (red)