C’è chi le chiama seadas, chi sebadas, seattas o sevadas, seconda le varianti dialettali: uno dei dolci più conosciuti al di fuori dell’Isola con una sfoglia sottile, un cuore di formaggio, un velo di miele o un po’ di zucchero.
Dopo il recente riconoscimento del marchio Igp dei Culurgiones d’Ogliastra, saranno le seadas ad ottenere l’indicazione geografica protetta: l’appello è stato lanciato dalla Cna Sardegna, che, in occasione della IX sagra delle seadas a Bolotana, faranno il primo passo assieme a produttori e istituzioni per ottenere la tutela della pasta fresca della Sardegna. Infatti, l’intero comparto pastario è sempre più oggetto di attenzione da parte del mercato, anche nello streetfood, nei bar e nei locali di intrattenimento: un settore che non vede crisi e che, secondo l’elaborazione Cna, su dati Nielsen e Coop, è aumentato di 0,67 miliardi di euro (4,2%) e nel 2015 la pasta confezionata è aumentata in valore di 1,62 miliardi rispetto al 2014.
“ll ricchissimo ventaglio di produzioni pastarie regionali è pieno di formati e specialità che si producono solo in Sardegna – spiegano Maria Antonietta Dessi e Alessandro Mattu, responsabile e presidente regionale della Cna alimentare Sardegna – Seadas, culurgionis, lorighittas, andarinos sono solo alcuni dei prodotti pregiati sardi che destano sempre più interesse e curiosità fuori dalla regione. Anche se sta cambiando il modo di consumare questi prodotti la domanda è in costante crescita: si impennano il consumo fuori casa e lo street food, dove sono sempre più protagonisti i piatti della tradizione, quella pastaria compresa”.
Ben 246 imprese sarde nel settore, la maggior parte di piccole dimensioni che producono anche prodotti come dolci e pane: 84 in provincia di Cagliari, 77 in provincia di Sassari, 55 di Nuoro e 30 di Oristano che, secondo le stime dell’associazione, fatturano in media 100mila euro annui ciascuna.
“La fortissima parcellizzazione del tessuto produttivo genera purtroppo una serie di conseguenze negative come l’incapacità di fare massa critica per affrontare mercati diversi da quello locale – aggiungono Dessì e Mattu – Il mercato è infatti diventato sempre più esigente e richiede un prodotto di qualità medio alta. Non a caso le imprese sopravvissute alla crisi finanziaria iniziata nel 2008 sono quelle che realizzano specialità, con particolare cura della materia prima, della lavorazione e un alto livello di servizio”.
Secondo le stime mondiali, l’Italia intera si conferma paese leader per la produzione di pasta con 3,2 milioni di tonnellate prodotte; al secondo posto troviamo Usa, poi Turchia, Brasile e Russia, mentre nei consumi siamo al primo posto con 24 chilogrammi pro capite, prima di Tunisia con 16 chilogrammi, Venezuela con 12 e Grecia con 11,2 chilogrammi. Buone notizie anche per quanto riguarda le esportazioni: nel 2015 l’Italia ha esportato 1,8 milioni di tonnellate di pasta, principalmente in Germania, Regno Unito, Francia, Stati Uniti, Giappone, Emirati Arabi, Paesi asiatici e Cina. Considerate le potenzialità del settore, Cna alimentare Sardegna propone una maggiore valorizzazione: “L’artigianalità, la produzione con un forte apporto manuale e l’utilizzo di materia prima locale sono visti come un prezioso valore aggiunto del prodotto. Ma a patto che siano valorizzati e proposti adeguatamente. Per sfruttare queste grandi potenzialità del settore pastario è necessaria una maggiore attenzione per le esigenze del mercato extraregionale, una promozione importante e la tutela di alcune specialità tipiche come appunto le seadas”.
Martina Corrias
(admaioramedia.it)