Il magazine on line di economia del mare e dei trasporti Ship2Shore, nel numero del 6 novembre, tratta della vertenza dello stabilimento Alcoa di Portovesme. Una controversia lunga quasi dieci anni che avrebbe dovuto concludersi in modo positivo lo scorso 31 ottobre con l’acquisizione definitiva della fonderia di Portovesme da parte della società multinazionale svizzera Sider Alloys, l’unica davvero intenzionata a rilevare dalla multinazionale statunitense Alcoa l’attività siderurgica sulcitana con un investimento annunciato di oltre 100 milioni di euro. Una svolta che doveva essere siglata formalmente con la stipula del contratto di acquisto degli impianti, fermi da cinque lunghissimi anni, con la mediazione risolutiva dell’agenzia Invitalia del Ministero dell’Economia, e che invece a questo punto è rimandato a data da destinarsi.
Così, dopo gli anni consumati invano nell’estenuante trattativa con la svizzera Glencore, risolti con un fragoroso nulla di fatto, è ancora sconcerto e apprensione per questo imprevisto stop a una trattativa che sembrava ormai risolta in una quanto mai attesa boccata di ossigeno per le tante famiglie coinvolte: circa 700 tra quelle dei dipendenti diretti e dell’indotto, tenute a galla ancora per un mese e mezzo da ammortizzatori sociali ormai prossimi alla scadenza del 31 dicembre. Una situazione inaccettabile per un territorio, quello del Sulcis Iglesiente, martoriato da un baratro occupazionale senza paragoni: un territorio che insieme all’abisso dell’Alcoa si porta appresso il peso insostenibile di altri drammi collegati, come quello dell’Eurallumina e del Geoparco, solo per citare i più eclatanti e meglio conosciuti.
Sta di fatto che i tempi si allungano, e gli annunci su un accordo dato ormai per fatto scivolano come acqua fresca sui volti stanchi ma ancora battaglieri degli operai, in presidio permanente davanti a quello che continuano a identificare come il proprio luogo di lavoro. L’azione del Presidente della Regione Sardegna registra l’ennesimo nulla di fatto della sua azione politica: un fragoroso nulla che trascina con sé nell’identico gorgo di incertezza gli altisonanti proclami su un’imminente ripresa della produzione siderurgica entro il limite massimo di 14 mesi.
Smaltita la delusione, adesso si tratta di superare l’impasse, facendo leva anzitutto sul sostegno legislativo dell’Europa a favore delle cosiddette aziende energivore, con l’ormai sicuro abbattimento di quello che sino a non troppo tempo fa era il vero ostacolo insormontabile a una appianamento della crisi, ossia quello dei costi dell’energia. Recuperata un’accettabile spendibilità del comparto siderurgico in termini di convenienza economica, per il Sulcis Iglesiente sarà poi il momento di concentrare gli sforzi verso l’obiettivo del rilancio occupazionale. Un rilancio legato in maniera indissolubile al risanamento del territorio, nell’ambito di una riqualificazione complessiva che prevede un articolato programma di bonifiche, sia del suolo che delle falde acquifere, e di interventi strategici come il dragaggio delle acque del porto industriale, vera cartina di tornasole della rinascita sulcitana. Un programma di interventi pianificati e una prospettiva di rilancio che è soltanto una parte minima del conto da pagare a una terra sfruttata e vilipesa: una terra che è l’emblema dell’altalena di emozioni infrante, di illusioni frustrate e di speranze deluse di un lavoro che chiede soltanto il suo tributo di rispetto e di dignità.
Nicola Silenti
(admaioramedia.it)