Il pecorino romano prodotto in Sardegna è a rischio. È quanto emergerebbe dallo scontro tra lobby americane e consorzi di tutela. La guerra al formaggio, o meglio al suo marchio, è partita perché gli americani vogliono che la definizione ‘romano’ sia generica. Secondo la tesi americana, il pecorino romano, e non solo, non sarebbe un marchio identificativo, ma generico appunto, e ciò significherebbe poterlo produrre e commercializzare senza alcun impedimento: un enorme giro d’affari. La guerra tra Stati Uniti e Unione europea sui prodotti alimentari di origine protetta, oggetto delle trattative concernenti il Ttip (Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti), è totale.
I produttori ed esportatori caseari statunitensi, rappresentati dall’US Dairy export council e sostenuti da decine di senatori, si contrappongono duramente alla richiesta europea di limitare l’utilizzo del nome generico di formaggi europei con indicazione protetta, come già previsto dal Trattato Ceta (Comprehensive economic and trade agreement) tra Ue e Canada, che ha anche riconosciuto una lista di un centinaio di prodotti con indicazione geografica europea che potrà essere ampliata. Sotto accusa ci sono BelGioioso e Sargento nel Wisconsin, Milano’s Linden in New Jersey, e la DeNicola, già finita agli onori della cronaca per aver registrato il marchio sia in Italia che in Europa.
La denuncia è arrivata dal deputato Mauro Pili, che attraverso una serie di comunicazioni riservate, agli atti del Ministero (le immagini sono tratte dal fascicolo della trattativa), ha verificato lo scontro in atto tra i mediatori europei e quelli americani: “Si tratta di una partita rilevantissima – ha detto – I mediatori americani sono sostenuti da una lobby fortissima di produttori Usa che vogliono appropriarsi senza troppi sotterfugi del marchio identificativo di alcuni grandi prodotti lattiero caseario con una chiara denominazione geografica, dal pecorino romano al parmigiano, dall’Asiago al gorgonzola per trasformarli in marchi generici. I formaggi statunitensi con nomi trasformati arbitrariamente in generici di origine europea, come pecorino romano, asiago, fontina, gorgonzola, rappresentano un giro d’affari annuo di 21 miliardi di dollari”.
“Vanno respinti i tentativi di rappresentare le indicazioni geografiche come uno strumento protezionistico – ha aggiunto Pili – I consumatori sono sempre più interessati all’origine dei prodotti alimentari, mentre le pratiche ingannevoli, attualmente tollerate negli Usa, sono dannose anche e soprattutto per i consumatori americani. Quella americana è una descrizione confusa, poco corretta e strumentale del sistema di registrazione delle indicazioni geografiche. I prodotti agroalimentari Dop e Igp sono parte integrante e sostanziale del territorio e della cultura della Sardegna e non solo, e nessuno può ricondurli e trattarli come semplici nomi di prodotto. Su questa partita si gioca gran parte del futuro di un settore strategico come quello lattiero caseario della nostra regione. Non sono ammesse complicità e silenzi”.
Roberto Melis
(admaioramedia.it)
5 Comments
MAURO_PILI
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Hercules Atlantic
Pili……..arriva sempre a chiudere il recinto quando i buoi sono scappati……..il gabibbodei poveri
DomenicoPili
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