L’Agenzia europea per la Sicurezza alimentare (Efsa) ha reso nota la ‘black list 2015’ dei cibi più contaminati da residui chimici, micotossine, additivi e coloranti. Il prodotto meno sicuro tra gli esaminati è il broccolo che arriva dalla Cina (92% dei campioni risultati irregolari, con residui chimici in quantità sopra i limiti di legge); seguono il prezzemolo del Vietnam ed il basilico dell’India (70% e 68%); poi le melagrane dell’Egitto (33%), il peperoncino della Thailandia (21%), la menta del Marocco (15%), i meloni della Repubblica Domenicana (14%), le fragole dell’Egitto (11%), i piselli del Kenya (10%) e le arance ancora dall’Egitto (5%). Nella quasi totalità dei broccoli cinesi è stata trovata una concentrazione superiore alla norma di Acetamiprid (insetticida neonicotinoide che può avere effetti sul sistema nervoso umano nella fase di sviluppo), Chlorfenapyr (pesticida), Carbendazim (fungicida sistemico vietato in Italia perché considerato cancerogeno) Flusilazole (pesticida) e Pyridaben (acaricida). Nel prezzemolo vietnamita, Chlorpyrifos (pesticida accusato di interferire con lo sviluppo cognitivo dei bambini, soprattutto maschi), Profenofos (insetticida), Hexaconazole (fungicida), Phentoate e Flubendiamide (insetticidi), mentre il basilico indiano contiene Carbendazim (sostanza vietata in Italia perché considerata cancerogena).
Peraltro, la Cina nel 2015 ha conquistato anche il primato nel numero di notifiche per prodotti alimentari irregolari proprio per la contaminazione da sostanze chimiche: su 2.967 irregolarità segnalate in Europa, 386 riguardavano prodotti cinesi. Tra i paesi che primeggiano nella lista, anche il Marocco, paese al quale l’Unione europea concede agevolazioni per l’esportazione di arance, fragole, cetrioli, zucchine, pomodori ed olio di oliva, che hanno creato gravi problemi ai produttori locali. Proprio su queste agevolazioni si sono concentrate le proteste della Coldiretti: «L’accordo con il Marocco è fortemente contestato dai produttori agricoli locali perché nel paese africano non esistono delle misure si sicurezza alimentare adeguate agli standard europei – ha sottolineato il direttore per Sassari e Gallura, Ermanno Mazzetti – Le istituzioni comunitarie devono salvaguardare i consumatori rendendo pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero così da far conoscere ai cittadini i nomi delle aziende che usano gli ingredienti contaminati».
Il dato sui prodotti maggiormente contaminati arriva poche settimane dopo la decisione dell’Unione europea di autorizzare l’esportazione senza dazi di una quota supplementare di olio di oliva tunisino (altre 70mila tonnellate in due anni, oltre le quote annue già concordate di 56.700 tonnellate): «Nel campo olivicolo serve più trasparenza e più tutela – ha aggiunto il presidente di Coldiretti Sardegna, Battista Cualbu – L’Unione europea ha il dovere di salvaguardare i nostri produttori e di permettere al consumatore finale di conoscere l’esatta provenienza del prodotto. In un momento così difficile per il comparto ci aspettiamo un segnale forte da parte delle istituzioni, comunitarie e nazionali, mirato alla salvaguardia delle produzioni locali e all’inasprimento dei controlli su tutti gli oli già presenti sul mercato». (red)
(admaioramedia.it)