Quando penso alla civiltà nuragica, mi convinco ogni volta che questi nostri antenati millenari siano appartenuti a una civiltà evoluta, tecniche costruttive sofisticate, fusione dei metalli per costruire oggetti di uso comune ma anche di valore artistico, si percepisce una cultura del gusto che va oltre l’utilità quotidiana. Poi forse navigavano, forse scrivevano, erano guerrieri alleati dei Faraoni, …chissà?
Ad analizzare questi segnali si ha la percezione di qualcosa di importante ma è solo percezione perché manca un racconto ‘efficace e diretto’ …non ci sono ipotesi suggestive nella visita al Museo Archeologico di Cagliari, tutto è quantitativamente rappresentato, imponente il numero dei reperti presenti, vetrine stipate di oggetti e manufatti di grande bellezza. Ultimamente si sono aggiunti i ‘Giganti’, reperti monumentali attraverso i quali, forse, riscrivere la storia della nostra terra e del Mediterraneo.
Appare chiaro l’enorme valore contenuto nel Museo ma si prova una sorta di insoddisfazione, di percorso incompiuto, un debito di conoscenza, il rischio è non lasciare traccia nel visitatore: poche didascalie, lingue straniere praticamente inesistenti, illuminazione talvolta insufficiente ma soprattutto una sensazione di ‘accademico ammasso’ di reperti, …quantitativo. Sia chiaro non è una caratteristica negativa solo del Museo Archeologico di Cagliari, tanti luoghi sono simili, …manca una storia nel quale immergersi, dove immaginare la vita quotidiana, analizzarne i dettagli attraverso il linguaggio universale dell’esperienza e la decodifica per immagini, profumi, rumori.
Per contraltare mi tornano in mente luoghi che per bellezza e quantità di reperti esposti sono distanti anni luce dai nostri (in negativo ovviamente) ma che hanno ricreato situazioni museali che coinvolgono il visitatore, che gli fanno fare un percorso esperienziale dove immedesimarsi e comprendere meglio usi e situazioni. Un esempio per tutti è il Museo Oetzi di Bolzano, su un corpo mummificato di migliaia di anni, la cui vista dura si e no 30 secondi, si sono costruiti 4 piani di esposizione, una intera mattina di dettagli interessanti, dove il visitatore è coinvolto in molteplici esperienze: indossare una copia dei vestiti di Oetzi, la costruzione dei suoi utensili, i dettagli ‘artistici’ delle sue armi, sino alla ricostruzione, da parte di un artista, del suo ‘reale’ aspetto fisico. Poche cose, usate bene per coinvolgere il visitatore, per raccontargli una storia, un percorso esperienziale indelebile, questo devono dare i musei, coinvolgendo i bambini, costruendo una cultura della valorizzazione delle radici, della loro conservazione per il futuro, così si diffonde la cultura del rispetto di se e del prossimo, si definisce l’identità di un popolo.
Da cagliaritano mi permetto di chiudere con un’analogia brutale ma diretta, che punta al valore delle differenze: è come mangiare in un ristorante dove si serve sempre solo una gran quantità di ottimo cibo, accompagnato con il vino della casa, …oppure imparare ad apprezzare gustose e misurate sequenze di cibo, cucinato magistralmente e associando vini che ci regalano esperienze sensoriali nuove e inimmaginabili. Con tutta probabilità gli ingredienti sono molto simili ma la soddisfazione e il ricordo, oltre al valore percepito, saranno molto diversi.
Caligola
(admaioramedia.it)